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Iniziative Sociali

   Riduci

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INCONTRO 2020 CON GIGI  MARIO A SCARAMUCCIA

di Roberto Colacchia (foto di Geri Steve)

Il 2 ottobre 2020 un gruppo di soci  ha partecipato al tradizionale incontro con Gigi Mario. Gli impegni già presi da Gigi e da sua figlia Lea con gli allievi per il fine settimana hanno portato alla scelta  del venerdì come unico giorno utile per poter organizzare l'evento e questo è risultato l'elemento che, assieme alle pessime previsioni meteo, ha frenato una partecipazione più numerosa. In aggiunta, quest'anno, l'effetto pandemia ha fatto il resto facendo spostare di mesi l'evento, altrimenti sempre organizzato a fine primavera.

Alla fine, all'appuntamento di Scaramuccia si sono ritrovati in tarda mattinata 7 soci, gratificati dall'attenuazione del maltempo che il giorno precedente aveva flagellato mezza Italia e che si è poi riaffacciato per buona parte del fine settimana. Grazie alla giornata nuvolosa, ma senza pioggia, è stato possibile sostare all'aperto e sedere attorno al grande tavolo in pietra, grande abbastanza per assicurare il distanziamento dei presenti. Assente Kiyoka, Gigi e ci ha accolto con la disponibilità e la cordialità di sempre.

Gli anni non sembrano passare e la ricetta della "buona montagna", unita al buonumore, ai vini  (tra cui il frizzante 'Pignoletto doc' di Antonio e Giovanna è stato dichiarato per acclamazione il migliore) e alle molte leccornie preparate dalle signore e dai padroni di casa, è risultata - questa sì - contagiosa.  In grande spolvero Antonio Mariani e Geri Steve che hanno saputo intrattenere e stupire i presenti con argomenti sempre attuali e interessanti. Alla riunione conviviale hanno partecipato anche alcuni amici ed allievi di Gigi, tra i quali Giovanni Groaz, guida alpina trentina. 

Tra i tanti argomenti di conversazione, anche i fatti che portarono nel 1954 alla conquista del K2 con le critiche mosse a Compagnoni e Lacedelli da Walter Bonatti. Al riguardo il tavolo si è diviso, ma rilevante è stato l'appoggio dato da Gigi alla versione dei fatti ricostruita da Francesco Saladini nel suo libro ‘K2, la storia continua’, dove l'autore prende le difese di Achille Compagnoni per le accuse mossegli da Bonatti e dal Club Alpino per le vicende della prima ascensione. Critico con Saladini Antonio, dubbiosi Paolo, Fiorella e Roberto, Geri astenuto per non avere ancora letto il libro, gli altri, guida compresa, impressionati dalla passione e dall'impegno verbale profuso da Antonio e dagli altri della nostra Associazione intervenuti sull'argomento. Vanno comunque sottolineate le parole con cui Gigi ha considerato plausibile la tesi di Saladini, lamentando che non abbia avuto ancora abbastanza risalto e tutta l'attenzione che merita.  

Dall'incrocio dei ricordi e delle discussioni sono emerse anche alcune figure di alpinisti finora poco considerati, profili che meritano di essere rappresentati a pieno titolo nel sito internet dell'Associazione. Tra questi quello di Roberto Ferrante e di "Camoscetto". Di entrambi Mariani ha preso l'impegno di fornire una prima parte delle informazioni necessarie per la pubblicazione.

In un mondo che sta cambiando così rapidamente, per molti versi in peggio, la visita a Luigi rappresenta sempre più un solido punto di ancoraggio e un modo di testimoniargli ancora una volta la nostra riconoscenza per ciò che ha rappresentato e rappresenta per tutti noi. Maestro indiscusso di dottrina e dell'arte di arrampicare, esempio di vita e di saggezza da prendere a riferimento, sempre.

A pomeriggio inoltrato, in gruppo separati, i convenuti hanno ripreso la via del ritorno, meditando su quanta parte Gigi ha avuto tanti anni fa nella nostra formazione di alpinisti e ancora oggi nelle nostre scelte di vita.

 

Gigi, Geri, Lea e Roberto in piedi, Giovanna, Antonio, Paolo e Fiorella


Gigi


Gigi e Lea

        

Giovanna                                                                                                               Fiorella

   

Antonio                                                                                                              Roberto

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MEMORIAL LIVIA GARBRECHT - 13 SETTEMBRE 2020

RESOCONTO DELLA GIORNATA, DI CINZIA NARDI

    È il 27 giugno del 1943, quando Livia Galbrecht, una giovanissima romana di solo 16 anni, impegnata con il proprio istruttore Marcello Del Pianto del C.A.I. di Roma in un’arrampicata sulla Vetta Centrale del Corno Grande, precipita, perdendo la vita. Per amore e, forse, per rimpianto, Omero Ciai, legato a lei da un forte sentimento non dichiarato, le vuole dedicare una cima. A sua volta, muore partigiano e non riuscirà nel proprio intento. Saranno Andrea Bafile e Bruno Marsili, nell’ottobre del 1944, a salire la via del camino al Campanile, già dal Marsili chiamata Punta Bianca, dedicandola a Livia.

    Questa la vicenda, sapientemente narrata da Paolo Stern nel libro "Storia di Livia", a cui il 13 settembre 2020 è stato dedicato il primo memorial Livia Galbrecht. Una giornata speciale, nella quale le Associazioni: Teknoalp di Pasquale Iannetti e Alpinisti del Gran Sasso hanno voluto dedicare una serie di eventi celebrativi per mantenere viva la cultura di queste magnifiche montagne. Per l’occasione, è stato realizzato un bellissimo libro di vetta con la copertina realizzata dall’artista Alberto Graia, detto l’Uomo di grafite, con all’interno un riassunto della storia di Livia. A questo verranno aggiunti i nomi degli scalatori che il 13 settembre l’hanno inaugurato con le proprie firme. 

    Tanti personaggi di spicco hanno partecipato alla manifestazione. Un foltissimo numero di persone hanno assistito, dalla Sella dei due Corni, alla scalata, da parte di Guide Alpine e di cordate di valenti alpinisti, di tutte le vie al Campanile, alla cui base, a seguire, si è svolta la toccante presentazione del proprio libro a cura di Paolo Stern, arricchita da interessanti ed emozionanti considerazioni sia dell’autore sia del pubblico. Un grande coinvolgimento da parte di tutti, ha sublimato quei sentimenti profondi e solidali di chi ama e frequenta in vari modi la montagna. In ciascuno di noi, sia che saliamo una via di arrampicata, sia che camminiamo per sentieri, sia che ci fermiamo soltanto ad ammirare le cime, c’è una scintilla dell’anima che ci accomuna a Livia, alla sua passione di giovane donna forse anche romantica, ma sicuramente forte e determinata. Dunque, l’impegno profuso per l’organizzazione di questa che si è rivelata essere una grande festa di montagna, è stato ben ripagato dal successo di pubblico e di consensi, a tal punto che già si pensa a ripeterla il prossimo anno. E l’emozione che ha lasciato nei protagonisti e negli spettatori sarà giusta spinta a partecipare ancora, perché il cuore dei montanari è grande, accogliente ed entusiasta proprio come quello di chi ama.

Cinzia Nardi Lorenzi 14/9/2020


                                                                                                   ... E ALCUNE BELLE IMMAGINI DELL'INIZIATIVA











Paolo Stern

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13 settembre 2020, posa del libro di cima sul Campaile Livia al Corno Piccolo

Di seguito il programma dell'iniziativa co-organizzata dall'Associazione TeknoAlp e dalla nostra su iniziativa di Pasquale Iannetti guida alpina a Pietracamela.



Questi, predisposti da Pasquale, sono i libri di cima ancora intonsi da porre, nel tempo, sulla cima del Campanile con disegno originale di Alberto Graia:

 

Ed ecco il testo della cheda inserita in ciascun libro di cima:  

Livia, la giovane a cui è dedicata questa cima

 Cara/o alpinista, sei sulla cima del Campanile Livia. Sai perché la la punta che hai appena salito ha questo nome?

Il 27 giugno del 1943 un gruppo di istruttori e allievi d'un corso di roccia organizzato dalla Sezione di Roma del Club Alpino Italiano si avvia da Campo Imperatore verso le cime del Corno Grande: tra gli allievi due ragazze di origine austriaca, Adriana e Livia Garbrecht, tra gli istruttori Omero Ciai, Marco Pasquali e Marcello del Pianto, noto quest'ultimo in quegli anni per avere arrampicato con Emilio Comici.

Sopra il ghiacciaio del Calderone, in quegli anni ancora alto sulla barriera rocciosa che lo contorna, Del Pianto prende con sé la sedicenne Livia e attacca la 'Direttissima' alla Vetta Centrale, una via aperta nel 1932 da Bruno Marsilii e Berardino Giardetti, data all'epoca con difficoltà non superiori al IV. 

D'improvviso - non si sa come e a quale altezzza della via - la cordata precipita. Gli altri del gruppo accorrono, Del Pianto è vivo anche se ferito e se la caverà, ma per Livia, immobile sul terrazzino che ne ha fermato la caduta, non c'è più nulla da fare.        

Per i soccorritori il recupero degli infortunati si dimostrerà complesso perchè, oltre a Del Pianto, anche Adriana Garbrecht sul Cambi è caduta fratturandosi una gamba. Il corpo di Livia verrà portato a valle solo al mattino seguente.

Federico Tosti, alpinista e poeta romano, nel 1951 prima guida alpina della Capitale e quel giorno sulla Vetta Occidentale del Corno Grande per la Direttissima con la sua famiglia,  sarà il solo a dare, in un libretto dedicato a Omero Ciai, una descrizione attendibile, anche se sommaria, dell'incidente e dei soccorsi. Ciai viene descritto mentre risale verso il Calderone "solo, curvo sotto il peso d'una enorme barella di ferro".

Ed è Ciai, amico delle Garbrecht, che si propone di salire una punta del Corno Piccolo per darle il nome di Livia, ma non vi riuscirà perché la guerra se lo porterà via: Ciai, Sottotenente degli Alpini, Comandante partigiano col nome di 'Mai-tardi' (il motto del Battaglione alpino Tirano, suo battaglione di origine) verrà infatti catturato dai nazisti in Liguria e ucciso ai primi del 1945, ma il suo desiderio intanto è già diventato realtà. 

Nell'ottobre 1944 infatti Andrea Bafile sale con Bruno Marsilii la via del camino sul quel Campanile che appena l'anno prima lo stesso Bruno aveva battezzato "Punta Bianca". E' Andrea, che sa del desiderio di Ciai, a proporre il cambio di nome, immediatamente accettato da Bruno.

            E da allora questa cima, per il tempo che è dato all'uomo e all'alpinismo, ci ricorda e ci ricorderà Livia.

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28.6.2020, inaugurazione dei cartelli informativi posti nella valle di Rio Arno presso i cippi di Mario Cambi e Paolo Emilio Cichetti    

Domenica 28 giugno un gruppo di circa 25 persone ha partecipato all'inaugurazione dei 2 cartelli che raccontano gli ultimi giorni vissuti nel febbraio 1929 da Mario Cambi e Paolo Emilio Cichetti, i due giovani alpinisti, romano il primo e teramano il secondo, appartenenti alla SUCAI Roma e deceduti per sfinimento il 12 di quel mese a pochi chilometri da Pietracamela. 

L'iniziativa, organizzata dall'Associazione Teknoalp con il contributo e la fattiva collaborazione della nostra Associazione, ha rappresentato in un certo modo la conclusione del percorso iniziato il 21 aprile 2017, quando Pasquale Iannetti espose alla riunione del Gruppo di Coordinamento tenuta quel giorno a L’Aquila il suo progetto di realizzare i cartelli da porre accanto ai cippi già in loco.

L'inaugurazione venne prevista per  l'8 settembre 2018 in coincidenza con il centenario della prima salita della via Chiaraviglio-Berthelet per la cresta Sud del Corno Piccolo, idealmente collegato allo sfortunato tentativo di prima invernale di quella stessa via effettuato da Cambi e Cichetti, ma la mancanza delle autorizzazioni dei diversi Enti preposti impose un rinvio: l'assemblea/raduno della nostra Associazione tenuta quel giorno a Prati di Tivo rappresentò comunque l’occasione per un numeroso gruppo di partecipanti di recarsi sui luoghi dei cippi e commemorare quegli eventi con le relazioni del prof. Cerulli Irelli, di Gianni Battimelli e del sottoscritto. 

Lo scorso 28 giugno infine, dopo la registrazione dei partecipanti e assicurato il distanziamento interpersonale, il gruppo si è mosso alle 10.00 dalla piazza di Pietracamela; giunto all'estremo dell'abitato, ha sostato brevemente presso la chiesa di San Rocco dove Iannetti ha ricordato che fu portato per un saluto estremo il corpo ancora ghiacciato di Mario Cambi, ritrovato il 25 aprile 1929 dopo mesi di ricerche.


              

Superata la vecchia palestra di roccia e visto da lontano quello che resta delle pitture rupestri di Guido Montauti dopo i danni inferti dalla gigantesca frana che le aveva travolte il 19 marzo 2011, i partecipanti hanno percorso la Valle del Rio Arno fino a raggiungere il luogo in cui fu ritrovato il corpo di Paolo Emilio Cichetti e venne eretto il cippo commemorativo a lui dedicato. 

 Qui Iannetti ha tenuto un breve discorso al quale sono seguiti il mio quale Segretario della Associazione alpinisti del Gran Sasso, centrato sull'appartenenza di entrambi i giovani alla Sucai Roma e al significato di quella appartenenza, e quello del prof. Cerulli Irelli.

                  

Il gruppo ha poi risalito la valle fino al cippo di Mario Cambi, distante poco più di un chilometro, dove è seguita analoga cerimonia ed è stata consumata la colazione al sacco.

                  

Lungo tutto il percorso ci ha accompagnato Paolo Trentini, uno degli ultimi della “nidiata” degli Aquilotti del Gran Sasso e medico condotto di Pietracamela. Ha mostrato luoghi, come la piccola fonte “Acqua poca” e raccontato episodi che hanno vissuto altri indimenticabili Pretaroli, tra i quali Bruno Marsilii e Lino D’Angelo.

Prima della partenza il Sindaco di Pietracamela, dr. Michele Petraccia, con una lunga telefonata ha manifestato il suo apprezzamento per quanto realizzato, scusandosi per non essere presente alla cerimonia e proponendo un incontro a tempo breve per discutere di altre iniziative di valorizzazione della storia alpinistica del suo Comune.

                                                                                            Roberto Colacchia


                                                  

Paolo Trentini mostra l’albero Douglas che 80 anni fa, quando era ancora un virgulto, un giovanissimo Lino D’Angelo avrebbe voluto tagliare per farne un bastone, ciò che fortunatamente non fece – consentendo così la crescita della colossale pianta – per il timore  d’esser visto dai Forestali della vicina caserma.

______________________________________________________ Aprendo il seguente link potrete visionare il documento compatto con lo stesso testo e le stesse foto.

   Inaugurazione dei cartelli informativi - Valle di Rio Arno - Mario Cambi e Paolo Emilio Cichetti

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31.1.2020, serata di premiazione della seconda edizione del premio letterario Roberto Iannilli    

     Venerdì 31 gennaio 2020 s’è svolta la serata per l’assegnazione dei premi della seconda edizione del Premio letterario Roberto Iannilli indetto dalla nostraAssociazione per valorizzare la dimensione letteraria della passione per la montagna e intitolato all’indimenticato suo Presidente caduto il 18 luglio 2016 con Luca D’Andrea sulla Nord del monte Camicia. La consegna delle targhe al vincitore e agli altri classificati tra i primi cinque è avvenuta durante la manifestazione “Montagne in Città Short” presso l’Università di Roma Tre che l’ha ospitata e promossa, grazie all'interessamento di Paolo Ascenzi, docente in quell' Ateneo, assieme alla nostra Associazione, all’”Associazione Culturale Ad Meridiem Montes” e con il patrocinio della Sezione di Roma del CAI.

Gianni Battimelli ha presentato la serata e l’Associazione Alpinisti del Gran Sasso che più tardi, dopo la premiazione,  ha raccolto l’interesse dei numerosi presenti con un'ampia e bene illustrata conferenza sul tema “Scienziati e Montagne”.

Alessandro Gogna, dopo aver ricordato che il 1° luglio i 16 elaborati ammessi sono stati rimessi in forma anonima, contraddistinti quindi  dal solo titolo, a tutti i componenti della Commissione giudicatrice da lui presieduta e composta da Paolo Ascenzi, Renzo Bragantini, Francesca Colesanti, Linda Cottino, Ilona Mesits, Ines Millesimi, Alberto Osti Guerrazzi e Alberto Sciamplicotti, ha espresso la sua soddisfazione per aver seguito una volta ancora il Premio che considera, tra i tanti che ha conosciuto, uno di quelli che meglio consentono ai partecipanti di esprimere la passione per la montagna, apprezzando che questo avvenga  attraverso composizioni letterarie e non imprese competitive.

Ha quindi illustrato il percorso compiuto dalla commissione giudicatrice per arrivare ad assegnare i punteggi alle opere i cui nomi, rivelati solo dopo l’abbinamento di opere e autori, sono rimasti  nascosti dietro il recapito telematico ‘premioiannilli@gmail.com’, così come previsto dal regolamento.

Sulla base dello schema già sperimentato nella prima edizione del Premio, la Commissione ha esaminato e valutato gli elaborati ricevuti il 1° luglio  e entro il termine del 30 settembre  2019 ha comunicato il titolo dell'elaborato vincitore e, nell'ordine, quelli dei successivi 4 classificati precisando per ciascuno il punteggio finale. Riassemblati titoli e autori, la valutazione è risultata la seguente:                                              

  • primo classificato e vincitore della seconda edizione del Premio Vincenzo Brancadoro, L'Aquila, con  il racconto "Eco", 461 punti,  
  • secondo classificato Davide Scaricabarozzi, Milano, con "Svegliati Amore", 458 punti,
  • terzo classificato Antonio Mariani, Roma,  con il racconto "Sulla via Valeria" (si era presentato sotto lo pseudonimo di Nadine Alllimont Laugner, Strasburgo), 426 punti, 
  • quarto classificato Mario Santamaria, Roma, con il racconto "Solo", 420 punti, 
  • quinto classificato Giorgio Giua, Roma, con "La carezza della valanga", 417 punti.

Gogna ha poi accennato brevemente ai contenuti delle opere e ai diversi stili usati dai premiati. Avuta infine conferma da Roberto Colacchia sull’ordine di chiamata  degli autori presenti, come da classifica e non in senso inverso, ha proceduto alla consegna delle targhe assieme a Patrizia Perilli Iannilli. Tutti gli autori, eccetto Antonio Mariani imposibilitato a essere presente, hanno preso la parola per raccontare la loro esperienza che nel caso di Vincenzo Brancadoro è stata vissuta con entusiasmo per la prima volta.

Ultimo chiamato sul palco a recitare la sua poesia è stato Raffaele De Filippi, autore del componimento poetico ammesso fuori concorso “Mi fido di te”.

Una copia del libro “Vertical-mente”,  volume di circa 230 pagine che ospita i testi dei primi cinque classificati e di altri  cinque  scelti tra i racconti migliori, appena pubblicato in formato 15x21 dalle “Edizioni del Gran Sasso”, è stato consegnato ai premiati e al prezzo di 10 euro ai presenti che ne hanno fatto richiesta. Il bel disegno della parete N del M. Camicia, opera di Alberto Graia, ne arricchisce la copertina.   

La serata è proseguita con la proiezione del bel film “Lazio Verticale” di Stefano Ardito e Fabrizio Antonioli e con la presentazione del libro “Sky de Printemps”, di prossima distribuzione, edito dalle “Edizioni del Gran Sasso”.   

Alcuni partecipanti hanno concluso la serata con Alessandro Gogna nella vicina pizzeria “Al Peperoncino” in via Ostiense.

Il successo dell’iniziativa è dipeso in massima parte dal lavoro paziente e disinteressato della giuria presieduta da Alessandro Gogna e dalla Casa Editrice, che l’Associazione doverosamente e sentitamente ringrazia.


Un momento della premiazione



Gianni Battimell racconta degli 'alpinisti di via Panisperna'



La copertina di 'VerticalMente', il libro presentato nella serata



Conclusione in pizzeria

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DA GIGI MARIO

Scaramuccia 21 giugno 2019
(foto di Geri Steve)

Un gruppo di soci, loro familiari e amici si è ritrovato nella tarda mattinata a Scaramuccia in una giornata calda e soleggiata. Gigi, Kiyoka, Lea e Marco ci hanno accolto con la disponibilità e la cordialità di sempre. Eravamo in 15, così come 15 eravamo il 26 maggio 2017, l'ultima volta che avevamo fatto visita a Gigi. Dopo anni che si riprometteva  di partecipare, Umberto Caruso - accompagnato dai suoi familiari Claudia,  Elena  e Daniele - ci è finalmente riuscito.

Per entrare in sintonia con lo spirito del luogo non è stato necessario ripetere la visita alla sala di meditazione del tempio Zenshinji e neppure alla palestra d’arrampicata attrezzata nel magazzino di casa. Seduti sulla veranda prima e nella accogliente sala cucina/pranzo poi, si sono incrociati i ricordi delle imprese del passato, delle scuole di alpinsmo e degli istruttori di allora. I nomi di  Franco Alletto, Raoul Beghé, Paolo Consiglio, Alberto Lacava, Massimo Mizzau, Vittorio Onofri, reggenti e consiglieri che si sono succeduti alla guida della ricostituita S.U.C.A.I. Roma a partire dal 10 novembre 1946, sono  stati evocati da Umberto, lui stesso membro del consiglio direttivo nel 1954, da Colacchia e da Stefano Protto.

Antonio e Giovanna hanno contribuito a tenere alto il morale fornendo l'occorrente per i brindisi e per la straordinaria degustazione della vignarola/scafata del proprio orto, accompagnata da freschissima ricotta canalese. Non sono stati da meno i "Carusi" con l’apporto di una gigantesca mozzarella di bufala con arrivo giornaliero da Salerno e della saporita pasta al tonno preparata dai padroni di casa. Gran finale con polpose ciliegie, ananas sezionati matematicamente da Geri e eccezionale torta di Elisabetta all'apparente essenza di arancia, ricetta gelosamente custodita dall'artefice.

Di nuovo in veranda dopo la piacevole parentesi gastronomica, indisponibili le panche in giardino impegnate da Giovanna ed Elisabetta in meditazione…, è venuto il momento della panoramica sui temi più vari. Dopo aver dissertato su tutto e anche sulle religioni e sul buddismo, sul tema sostentamento del clero, onere che in Italia grava su tutti, un Gigi aperto e disteso, ha osservato che anche i monaci buddisti sono mantenuti dalla comunità, e non solo quella dei fedeli, rivendicando con orgoglio la sua indipendenza economica grazie al suo lavoro e all’attività di guida alpina.

Con la promessa di non lasciar trascorrere altri due anni, i convenuti hanno separatamente imboccato la strada del ritorno, meditando su quanto di buono quei forti e duraturi legami con Gigi sanno ancora donarci.




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PRESENTAZIONE LIBRO “TRAME VERTICALI”

Libreria Scritti e Manoscritti, Ladispoli, 16 marzo 2019


     Sabato 16 marzo presso la storica libreria ‘Scritti e Manoscritti’ di Ladispoli, si è svolta la presentazione del libro "Trame verticali" promossa da Edizioni Il Lupo.

     Questa libreria, vero punto di riferimento della città di Ladispoli per gli incontri che vi si svolgono (autori come Erri De Luca, Dacia Maraini, Enrico Letta, Tiziana Ferrario, Veronica Pivetti, Maurizio De Giovanni, Paolo Giordano, Catena Fiorello e tanti altri ne sono stati ospiti), era abitualmente frequentata da Roberto Iannilli dove è ricordato anche come copioso dispensatore di pubblicazioni acquistate e generosamente regalate agli amici.  

      Dopo le parole di benvenuto indirizzate ai circa 50 presenti dalla titolare, Irene Scritti Donini, ha preso la parola Alberto Osti Guerrazzi portando la testimonianza dell'editore sull'iniziativa.

      Roberto Colacchia, presidente facente funzione dell’Associazione alpinisti del Gran Sasso, ha illustrato i fatti che hanno preceduto la decisione di creare il Premio letterario intitolato appunto a Roberto Iannilli e l’iter della sua prima edizione, accennando ai contenuti delle più significative opere classificate, raccolte nel libro ‘Trame verticali’. 

     Un pubblico attento, tra cui la moglie di Roberto, Patrizia Perilli, e il fratello Franco, ha seguito la presentazione dall'inizio alla fine, mostrando interesse con domande e numerosi interventi.

     Erano presenti anche alcuni dei giovani compagni di cordata di Roberto, già visti in occasione delle precedenti iniziative per ricordarlo: alla fine Alberto Osti si è congratulato per la riuscita della serata e la vendita d’una ventina di copie del libro.

     Di seguito il testo integrale della presentazione di Roberto Colacchia, poi in reatà fatta a braccio e senza seguirlo che in minima parte.


 

 La titolare Irene Scritti Donini, presenta la serata con Alberto Osti Guerrazzi

“Il libro che sarà presentato questa sera è il primo visibile risultato della decisione presa nell’autunno 2015 dal Direttivo della mia associazione di creare un premio letterario 'Alpinisti del Gran Sasso' sui temi dell’alpinismo e del rapporto tra uomo e montagna. Eravamo a Vicovaro per una riunione del Gruppo di Coordinamento dell’Associazione, e fu proprio in quella occasione che Roberto Iannilli fu nominato presidente, subentrando all’Accademico del CAI Franco Cravino che la guidò fin dalla sua costituzione nel lontano 2003.

Il rapporto dell’uomo con la montagna doveva ispirare le opere dei partecipanti traducendosi in racconti reali o di fantasia legati a episodi ed esperienze attinenti a figure di alpinisti, a riflessioni filosofiche, scientifiche o esistenziali relative all’alpinismo e alle attività svolte in montagna. Consigliabile, ma non obbligatorio, il riferimento a monti dell’Appennino e al Gran Sasso.

La tragica scomparsa di Roberto, caduto il 19 luglio 2016 assieme a Luca D'Andrea nel tentativo di aprire una nuova via sulla parete Nord del Monte Camicia, ha colpito al cuore l’Associazione e non è stata senza conseguenze anche per il percorso dell’iniziativa letteraria. A meno di dieci mesi dalla sua istituzione, la rassegna perdeva uno dei suoi principali sostenitori, ma proprio quel tristissimo evento rafforzò la volontà di realizzarla, re-intitolandola com’era giusto a chi era stato sempre convinto che il “Corno Monte” rappresentasse un punto di riferimento ideale per chi pratica l’alpinismo nell’Italia peninsulare e che l’Associazione potesse costituire il punto d’incontro tra le vecchie e le nuove generazioni degli alpinisti d’Appennino.

 ROBERTO ALPINISTA

Chi era il Roberto alpinista? Molti di Voi già ne conoscono le imprese, ma a beneficio di tutti lo farò usando le sue stesse parole:

<<E’  stato l’amore sempre avuto per la montagna che mi ha condotto inevitabilmente ad essere scalatore, pratica che ho però iniziato, quando, ormai quasi trentenne, decisi di frequentare un corso di roccia della cooperativa “La Montagna”>>.

Aggiungeva: <<Fare alpinismo è per me essere vivo, sentire me stesso, misurarmi, definire i miei limiti e cercare di migliorarli, comprendere di cosa sono fatto, capire la mia vulnerabilità, dare un senso a questa mia esistenza>>.

E sul modo di vivere la montagna:

<<L’ alpinismo è il modo con cui posso vivere in pieno la montagna, un’alpinismo non inteso come passaggio, ma come “permanenza”, anche se sempre limitata alle possibilità umane. Non mi piace correre, mi piace sentirmi parte dell’ambiente, piccolissimo ed insignificante particolare della montagna, per questo apprezzo bivaccare in parete>>.

Sensazioni introspettive e motivazioni che chi ama la montagna e la pratica comprende e sente proprie.

Roberto, per sua formazione e carattere, cercava il lato creativo dell'alpinismo, scoprendo inedite linee di arrampicata e dando vita a nuovi impensabili itinerari.

Una persona speciale e speciale era il suo attaccamento al Gran Sasso, la sua montagna.   Viveva l’alpinismo con serietà e sapienza, il desiderio di conquistare un posto nella storia dell’alpinismo, o trovare in questo la risposta per soddisfare l’istinto verso epiche imprese, non lo toccava.

Anche le parole scritte da Marco Dell’Omo nel capitolo “Subcomandante Roberto” del suo libro “I conquistatori del Gran Sasso”, pubblicato nel 2005 da CDA & Vivalda Editori, ne descrivono bene le caratteristiche di uomo e di alpinista.

L’autore esordisce col rappresentare l’incongruenza del suo luogo di nascita, Cerveteri, e di residenza, Ladispoli, località di mare lontana dalle montagne a cui avrebbe dedicato tanta parte della sua vita. Scrive Dell’Omo:

<<Le montagne, da Roma, non sono poi così lontane…. Facile farsi prendere dal desiderio di andarle a vedere da vicino. A Ladispoli, invece, c’è la spiaggia, c’è la via Aurelia che punta dritta verso la Maremma, ci sono i dolci rilievi delle colline etrusche, ma di neve, roccia, vette aguzze nemmeno l’ombra, neanche in lontananza.

Curioso che il più forte alpinista del Centro Sud di questi ultimi anni, autore di decine di nuove vie nel massiccio abruzzese, sia nato e viva in un posto simile, una sfilza di villette a schiera e seconde case per la villeggiatura sul bordo di uno spiaggione anonimo, dove l’unica attrattiva che si ricordi è stato Carlo Azelio Ciampi che remava sul suo pattino>>.

Ne rappresenta così la passione per le auto da corsa e per la politica:

<<Roberto Iannilli è un signore di mezza età, con una smodata passione per le auto sportive (gira con una Lotus Elise MK2 rossa, modello da corsa) e una fede granitica nel marxismo. Tra le due cose non vede la minima contraddizione.

Piccolo di statura, capelli scuri, temperamento riservato, una volta faceva l’architetto, ma ora ha deciso di dedicarsi ai vigneti che gli ha lasciato il padre. Vive in una mansarda tappezzata di foto di montagna e poster di Che Guevara, gli scaffali della libreria zeppi di modellini di auto sportive (tutte rosse, ovviamente)>>.  

Dà Dell’Omo una simpatica spiegazione di quale era la spinta che portava Roberto a salire e scendere le pareti di Corno Grande: <<Non tanto il desiderio di conquistare un posto nella storia dell’alpinismo, né la risposta a pulsioni epiche. No, nel suo caso la vera motivazione era unicamente politica. Roberto interpretava l’alpinismo come uno strumento della lotta di classe…. Il suo contributo alla causa comunista era battezzare il numero più alto di vie con nomi tratti dalla cultura antagonista. Nacquero Demetrio Stratos (con il tiro chiave aperto da Piero Ledda), Il Vento dell’Est, Intifada… Insomma, in un paio d’anni, dall’80 al ’90, sulle rocce calcaree del versante meridionale di Corno Grande cominciò ad aleggiare un’aria da centro sociale>>.  

Non a caso l’ultima volta che è stato in Himalaya per aprire vie sulle grandi pareti del tetto del mondo, si è fatto riprendere su una cima mentre sventola una bandiera rossa con la falce e il martello.

Dell’Omo sa cogliere anche i profondi legami che lo univano – e lo uniranno per sempre - a Patrizia e Giuliana, che questa sera sono venute a ricordarlo con noi:

<<Ha una moglie comprensiva, una figlia adolescente e dodici gatti (altrettanti vivono nel casale in collina dove si trasferisce d’estate). Quando non è a scalare, cura la vigna o scende in pista: monta le gomme con la mescola da circuito e inanella giri a Imola o a Vallelunga>>.

Continua Dell’Omo:

<<Roberto non ha certo l’aspetto dell’alpinista eroico. Quando la sera torna a casa, parcheggia la sua Lotus nel garage, ritira la copia del “Manifesto” dalla cassetta della posta e varca il portone. Sale le scale senza fretta, e si direbbe che arrivato in cima abbia un po’ di fiatone. Del resto ha cinquant’anni suonati…

Fino a qualche tempo fa le grandi imprese sulla montagna abruzzese le compivano i giovanissimi: Marsilii e Panza salirono la Nord del Camicia a ventidue anni, a ventiquattro Gigi Mario si avventurò per primo sui pilastri del Paretone, per non parlare di Pierluigi Bini, che aveva sedici anni quando fece la sua prima scalata solitaria.

Oggi i ragazzini vanno a scalare sassi alti non più di quattro metri, figurarsi se qualcuno si fa vedere  sulle pareti dell’Appennino.

E così a tenere alta la tradizione dell’alpinismo al Gran Sasso ci pensa Roberto. Ogni estate è sempre lì che si ingegna a trovare nuove vie. Lo spazio a disposizione ormai è poco. Su ogni parete gli itinerari di arrampicata corrono come fili di un’enorme ragnatela. Ma lui non demorde: passa sotto le rocce per fare una passeggiata con la moglie e la figlia, distrattamente alza il capo e vede una fessura, un tetto, una liscia placca; e il giorno dopo ritorna e zac!, apre una nuova via, che poi chissà chi mai andrà a ripetere>>.

Patrizia e Giuliana hanno avuto la fortuna di avere vicino Roberto in montagna e nella vita, un momento purtroppo troppo breve per la smisurata grandezza di Roberto, alpinista, marito e padre. Io purtroppo lo ho conosciuto troppo tardi per poterne scoprire fino in fondo tutte le qualità.

 Roberto è stato forse uno degli alpinisti più rappresentativi del Gran Sasso, avendovi aperto oltre 100 vie nuove e avendone ripetuto quasi tutte le vie più impegnative, spesso in solitaria, ne conosceva ogni anfratto. Di questa simbiosi pressoché totale uomo-montagna ancora la testimonianza di Marco Dell’Omo:

<<Durante gli anni novanta, Roberto è stato il più attivo apritore di nuove vie al Gran Sasso, tutte molto difficili e su placche impossibili. Tanto che oggi, quando in parete lontano da un itinerario battuto, brilla isolata qualche piastrina metallica, ogni arrampicatore commenta quasi automaticamente: sarà una via di Iannilli>>.

Non sono solo i riflessi di qualche ancoraggio rimasto in parete, è la sua figura di alpinista di eccezionale livello e dotato di straordinarie doti umane a risplendere: avergli intitolato il concorso letterario è un contributo al ricordo dell’uomo e dei valori in cui ha creduto.

Fuori Europa, durante le spedizioni, tra le 12 vie nuove aperte, ci sono quelle che portano alle vette inviolate dell’ Iris Peak, Tivoli Pak, David’s 62 Nose e Ezio Bartolomei Tower, tutte nello stato dell’ Himachal Pradesh, nell’ Himalaya indiano, nelle valli Miyar e Chandra.  Quella che sale al David’s 62 Nose è stata percorsa in solitaria, come l’ ultimo difficile tratto di quella che sale alla vetta del Ezio Bartolomei Tower. Nella Cordillera Blanca, alla prima esperienza extraeuropea, ha aperto la lunga e difficilissima “Hasta luego zorro”, una via che sale la Punta Numa, nel massiccio del Huantzan e, nel 2005, sempre nello stesso gruppo montuoso, è arrivato in vetta al Risco Ajudin, lungo un’ altrettanto dura via nuova. Inattuata è rimasta la terza spedizione nella Cordillera Blanca, con il tentativo di scalare in prima assoluta il vertiginoso spigolo nord di Punta Numa.

Iannilli ha ricevuto numerosi riconoscimenti per le sue scalate. Nel 2002, per la via “Vacanze Romane”, sulla Nord del Monte Camicia, gli è stato assegnato, assieme al suo compagno di scalata Ezio Bartolomei, il premio “Tiziano Cantalamessa”, promosso dalla sezione del Club Alpino Italiano di Ascoli, per la salita più importante in Appennino fino al 2002 compreso.

Il 2002 è stato anche l’anno che lo ha visto premiato come “atleta dell’anno” dall’Assessorato dello Sport del Comune di Ladispoli e il 2003 ha ricevuto il riconoscimento “Premio Baracca Coverciano”, dato annualmente all’atleta che più si è distinto nel comune dove risiede.

Sempre nel 2003 è stato invitato al “Premio Grignetta d’Oro”, rassegna dei migliori alpinisti italiani degli anni 2001/2003 e lo stesso anno ha ricevuto il premio “Sport Incontro Regione Lazio”, per meriti sportivi. Nel 2006, a seguito della spedizione in Cordillera Blanca,  ha ricevuto il prestigioso "Riconoscimento Paolo Consiglio" per l' anno 2005, dato alla migliore spedizione extraeuropea non a carattere commerciale e senza sponsorizzazioni importanti.

Nel 2006 è stato di nuovo invitato alla rassegna del “Premio Grignetta d’ Oro” tra i migliori alpinisti italiani per gli anni 2003/2006. Nel 2011 gli è stato assegnato per la seconda volta il

"Riconoscimento Paolo Consiglio", in questo caso per la scalata della punta inviolata Giampiero Capoccia nella Cordillera Blanca.

 ROBERTO SCRITTORE

Il valore di Iannilli non è solo quello espresso nell’alpinismo, ma anche quello di scrittore di buon livello, che ha saputo magistralmente rappresentare il suo rapporto con la montagna.

Sapeva scandagliare nel profondo dell’anima la sua passione per la montagna e per l’avventura, rappresentandole con efficacia nei molti scritti che ci ha lasciato, a volte venati di sottile ironia. Sensazioni introspettive e motivazioni che Roberto sapeva esprimere con efficacia nei suoi libri.

Roberto ha lasciato moltissimi scritti. Leggerli significa averlo sempre vicino ed essere partecipi dell'entusiasmante percorso della sua vita, spesa come ogni vero alpinista vorrebbe. Il senso di solitudine che ha lasciato dietro di sé paradossalmente si ritrova nel saper lui cogliere nella solitudine la sintesi delle sensazioni che riceveva dalla interazione con la montagna. Nel 2009, commentando la via “Senza perdere la tenerezza”, aperta in solitaria superando gli strapiombi gialli sotto il "Pancione" di Cavalcare la Tigre, definisce come "bolla del solitario" quella che protegge lo scalatore da qualsiasi interferenza e gli permette di concentrarsi esclusivamente sui meccanismi della salita, restringendo il mondo soltanto al tiro che si sta salendo. E' una sensazione che si esalta nella disciplina dell'arrampicata artificiale, che impone tempi lunghi ed estrema attenzione ai dettagli. Roberto la esprime come raggiungimento dell'"estasi dell'assoluta meditazione", con un distacco dalla realtà totale, tale da far sentire chi sale come drogato dalle sue stesse azioni. Emozioni e scariche di adrenalina sono una condizione diversa perché "si entra in un mondo parallelo, dove tempo e ragione sono diversi da quelli che conosciamo abitualmente".

Per vivere in pieno la montagna, Roberto vedeva l'alpinismo non come passaggio veloce, ma come "permanenza", anche se con i limiti delle possibilità umane. Amava sentirsi parte dell’ambiente, "piccolissimo ed insignificante particolare della montagna" o meglio "inadeguato e piccolo essere umano al cospetto dell'universo". Per questo considerava il bivacco in parete un modo di vivere forte, vera "apoteosi dell’alpinista che ama la montagna, che la scala per affinità, senza arroganza, con rispetto e passione, consapevole delle dovute misure, della vulnerabilità", un modo di sentirsi completamente inserito nella grandezza della natura:"il mio sangue scorre fluido, il respiro riempie i miei polmoni dell’aria leggera della montagna, mi sembra di sentire ogni singola cellula prendere vigore, sdoppiarsi".

Il libro, credo, da considerare come il più rappresentativo del suo alpinismo sul Gran Sasso, è “Forse accade così – L’alpinismo: un gioco, ma non uno scherzo” e in particolare i capitoli “Bivacco con Ezio” e “Senza perdere la tenerezza”. Quest’ultimo, come prima accennato, è il nome della via - percorsa da solo e con bivacco in parete nel 2009 - che sale diretta le strapiombanti rocce gialle sotto il “Pancione di Cavalcare”, con arrampicata artificiale che Roberto definì delicatissima.

“Senza perdere la tenerezza”, storica espressione del Che, così come tanti altri nomi dati alle sue vie, ricordano la sua visione politica.

Sempre Marco Dell’Omo:   

<<Del resto Roberto con la mansarda tappezzata di foto di montagna e poster del “guerrillero heroico” aveva fatto la sintesi dei valori che contavano per lui e quindi del suo programma di vita. Trovava che la frase di Ernesto Che Guevara “Bisogna esser duri senza mai perdere la tenerezza” restasse sempre attuale in una società, come la nostra, che vuole essere solo dura, che mostra il lato arcigno e intollerante e considera la tenerezza una debolezza>>.

Nel suo libro Roberto scriveva: <<Chissà, forse nell’arrampicata riesco a essere anche io duro, almeno quando serve davvero, spero solo di non perdere mai la tenerezza che mi dà la capacità di sentire piacere nel vedere il sole che tramonta dietro la parete, mentre i fringuelli alpini mi danzano intorno, disinteressati a me, come se non fossi un estraneo, ma una creatura del posto come loro>>. Poeta oltre che grande alpinista?

Ma Roberto amava anche la compagnia degli altri e il ritornare in famiglia nel suo prediletto Monte Abatone. In qualche modo, anche in questo caso, voleva lasciare traccia di questo suo sentimento nei nomi che dava alle salite.

Con “Il bosco degli urogalli”, la via nuova aperta in solitaria nel 2008, dopo tre tentativi,  lungo gli strapiombi del II° Pilastro di Pizzo d’ Intermesoli con tiri di arrampicata libera di elevata difficoltà (fino al IX°-)  accostava quei sentimenti a quelli descritti da Mario Rigoni Stern nei suoi racconti dove protagonisti sono la natura con i suoi  boschi e le sue montagne e la povera gente, accomunata dall’essere tutti paesani del mondo, e il pensiero che dalle difficoltà e dalla guerra si può anche non ritornare.

In “Geometrie esistenziali”, la via aperta nell’agosto 2011 con Luca D’Andrea sulla parete Est del Corno Piccolo, Roberto, dopo un bivacco imprevisto a causa di un incidente occorso a Luca, sa descrivere magistralmente il suo ritorno nel caldo abbraccio di casa, contento di non essere più in bilico su una muraglia di roccia, legato per non cadere nel sonno: “Sono a casa mia, sul mio letto e mi sento protetto, al riparo da insidie. Solo poche ore mi dividono dalla notte scorsa, passata con Luca su una minuscola cengia a poche decine di metri dall’ uscita della parete est del Corno Piccolo. Ho ancora dolore dappertutto, le mie spalle il bacino e il collo, risentono delle mille posizioni cambiate per trovare quella meno inaccettabile. Una notte rannicchiato ad aspettare l’alba sul non lontano mare Adriatico, che nero di buio faceva da contrasto alla costa illuminata dalle città piene di gente ignara di noi. Mi fa strano questo mio fantastico letto piatto e largo, mi pare il posto più confortevole della terra, il più sicuro e tranquillo, mi sembra quasi sconvenevole sentirmi così comodo”.

I codici di geometrie esistenziali, quelli che canta Franco Battiato ne “Gli Uccelli che soli sanno cambiare le prospettive del mondo con le loro traiettorie impercettibili, non sono alla portata dei comuni mortali. Roberto lo sapeva ed era felice di avere ancora una volta impiegato il suo tempo come più desiderava. Scriveva:“Eppure quelle ore vissute con timore ora restano indimenticabili, stampate nel database delle mie emozioni, archiviate per essere ripescate ogni volta che avrò paura di aver sprecato il tempo che ho avuto disposizione su questa terra. Ma anche questo mio letto è un’emozione da non dimenticare, è talmente bello sentirsi a casa propria, accanto a chi ami. Mi giro verso di lei, dorme finalmente serena dopo ieri, questa volta sono tornato con le mie gambe e intero”.

E poi la telefonata:

Ciao Patrì, sono Giuseppe …”

“Oddio! Che ha combinato questa volta Roberto?” Giuseppe non faceva in tempo a parlare e già tu ti aspettavi il peggio. Avevi già provato a chiamarmi con lo sconfortante risultato di sentire una voce cantilenare: “Il numero selezionato non è al momento raggiungibile!”. Ormai era l’ora, dovevo essere di ritorno, non potevi restare tranquilla.

“No! No! Tutto bene, Roberto è sceso. Gli si e rotto il cellulare e quello di Luca è scarico. Hanno dovuto fare un bivacco imprevisto a causa di un piccolo incidente a Luca che li ha rallentati.”

Se il nostro letto questa sera è per me grande e comodo, per lei è forse un po’ più piccolo ma è analoga l’ impressione di ritrovata quiete”.

 ROBERTO IANNILLI E L’ASSOCIAZIONE ALPINISTI DEL GRAN SASSO

Roberto è entrato a far parte della nostra Associazione all’inizio del 2010, quando l’Associazione si chiamava ancora "vecchie glorie del Gran Sasso". Ma perché un alpinista di prima grandezza, affermato e già in possesso di riconoscimenti prestigiosi per le sue scalate, dal premio “Tiziano Cantalamessa” per la via “Vacanze Romane” sulla Nord del Monte Camicia, alla assegnazione per due volte del massimo riconoscimento alpinistico italiano, il premio “Paolo Consiglio”, invitato più volte alla rassegna “Premio Grignetta d’Oro”, riservato ai migliori alpinisti italiani, e tra i dieci finalisti della più alta onorificenza alpinistica internazionale, il “Piolet d’Or”, ha sentito il bisogno di accostarsi ad una associazione di attempati alpinisti in gran parte non più attivi?

Non aveva certo bisogno di altri riconoscimenti avendo portato a termine più di 100 vie nuove sul Gran Sasso, spesso aperte in solitaria – pardon, se slegati oggi si dice free-solo – e sei spedizioni extraeuropee, con il risultato di 12 itinerari nuovi tra Himalaya e Perù, quattro dei quali con arrivo su vette inviolate. Non dodici vie qualsiasi, ma vie di 2000 metri di lunghezza con bivacchi in parete fino a 10 giorni consecutivi, due delle quali salite in solitaria.

Cosa poteva trovare Roberto di così interessante in un piccolo gruppo di alpinisti retrò che avevano arrampicato con attrezzature antidiluviane e scarponi rigidi, dopo aver lui acquisito il dominio delle tecniche e dei mezzi dell’artificiale new-age?

Che esperienza avevano i “vecchiogloriosi” di friends, nuts, cliffs, spits, fifi hooks, rurps ed altre diavolerie su salite dove le protezioni normali non sono possibili e lo scalatore  si affida solo ad ancoraggi che  sostengono il peso, ma non una caduta?  

E poi Roberto aveva già un’estesissima rete di relazioni attraverso i social network e siti internet come Planet Mountain e altri a cui contribuiva per dare riscontro alle attività alpinistiche nelle varie forme.

La prima risposta è la più facile: trovava in quel gruppo di persone una passione smisurata per la montagna, mai spenta, che le aveva portate ai loro tempi ad eccellere nelle realizzazioni alpinistiche, la sua stessa smisurata passione!

La seconda è altrettanto evidente: il piccolo gruppo di alpinisti che aveva immaginato, nel lontano giugno 2003, di creare il Comitato, primo embrione di quella che poi, il 28 maggio 2005, si sarebbe costituita in associazione “vecchieglorie” -  mi riferisco soprattutto all’ascolano Francesco Saladini, al romano Franco Cravino e all’aquilano Domerico Alessandri - aveva deciso di circoscrivere lo  scopo della conservazione della memoria storica dell’alpinismo al solo gruppo del Gran Sasso. Chi più di Roberto, leggenda vivente di quella montagna, poteva essere interessato?

La terza risiede nel fatto che Iannilli vedeva nei vecchi alpinisti iscritti all’Associazione, qualcuno ancora attivo a 80 anni, i modelli di riferimento e i maestri che aveva imitato nell'attività alpinistica e nella vita.

Nomi come quelli degli aquilani Andrea Bafile, Mimì Alessandri, Stanislao Pietrostefani, dei teramani Lino D’Angelo, Fernando Di Filippo, Gigi Muzii, degli alpinisti romani Giancarlo Castelli, Franco Cravino, Marino Dall’Oglio, Silvio Jovane, Mario e Roberto Lopriore, Massimo Marcheggiani, Gigi Mario, degli alpinisti piceni Francesco Bachetti, Maurizio Calibani, Peppe Fanesi, Marco Florio, Giancarlo Tosti, e del pescarese Giampiero Di Federico, per citarne solo alcuni, hanno costituito il solido riferimento a cui ispirarsi e ne aveva una indescrivibile stima.

Diceva: “Siete voi che avete insegnato a me come andare e dove andare, sono le vostre tracce che io ho seguito per imparare. Sin dalla mia prima venuta tra le Vecchie Glorie mi sono sempre vantato di poter ascoltare persone speciali come voi…”

Entrare a far parte dell’Associazione era stata quindi per lui una scelta ideale, ma si può forse trovare un ulteriore motivo nel fatto che Iannilli, persona colta, sensibile e generosa, sapeva rappresentare agli altri in modo magistrale la sua passione per la montagna e per l’avventura nei molti scritti che ci ha lasciato, spesso venati di sottile ironia. Ne avevo accennato prima.

Inoltre, abituato a partecipare a concorsi e a vedersi assegnati premi per le sue imprese alpinistiche, Roberto sapeva bene come documentarle con foto e film, così come viene richiesto dai regolamenti dei premi, foto e film che diventano essi stessi complemento e parte integrante della rappresentazione.  

Trovava quindi in qualche modo nell’Associazione, e nel suo fine principale, il terreno adatto a raccogliere le più significative testimonianze alpinistiche del passato e renderle disponibili attraverso le reti di comunicazione sociale, come esempio per le nuove generazioni.

Non a caso il suo primo impegno, portato avanti con grande dedizione fino al momento della sua scomparsa, è stato quello di creare una pagina facebook dell’Associazione e a postarvi storie e profili dei protagonisti della storia dell’alpinismo sul Gran Sasso già presenti sul sito internet.

 Come per Nardi lo sperone Mummery del Nanga Parbat per Roberto l’ossessione era la parete Nord del M. Camicia, il piccolo Eiger degli Appennini.

Tra i suoi scritti mi piace ricordare la tragicamente profetica introduzione che fece per la realizzazione di nuova via, "Inferno con vista", sul Pilastro Montevecchi, che sale il settore della nord sotto il Dente del Lupo, aperta a comando alternato da Gabriele Basile, Cristiano Iurisci e Stefano Supplizi nel 2012.

Non so se il nome della via sia venuto da lui o dai salitori, ma Roberto, immedesimandosi nel divino poeta e nel suo racconto del viaggio agli inferi, si vedeva lui stesso proiettato in quell’ambiente così ostile e incredibile, terreno di avventure sbalorditive, paragonabili alla tenebrosa parete Nord del Camicia.

La Commedia, vista come riuscita invenzione di Dante per vendere quello che è stato il best seller dei suoi tempi, ne scandisce i momenti determinanti:

- il coraggio di superare la porta dell’inferno nonostante la paura che suscita la lettura dei versi del Canto terzo Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l'etterno dolore, per me si va tra la perduta gente” da paragonare all’attacco della repellente parete dal Fondo della Salsa e alle sue incognite;

- la consapevolezza dei pericoli oggettivi da affrontare nei cerchi infernali come in parete.

Roberto, come Dante, di coraggio ne aveva ed entrò.

Come la  grande esperienza sua e di Luca sia stata vinta dalla montagna non lo sapremo mai. Sappiamo però che lui e Luca, su quelle pareti, cercavano quella vita che è più vita.  

Uscendo dalla fantastica ricostruzione della Divina Commedia, sosteneva: <<Siamo in pochi a sapere la verità ed io sono uno di quelli, perché ci sono stato. Il signor Dante non si è inventato nulla, quel posto esiste ed è in Abruzzo, sopra il paese di Castelli, sotto la vetta del Monte Camicia. Affacciato sulla piana zeppa di campi coltivati che ondulata declina verso la spiaggia chiara, bagnata dal mar Adriatico. Qui i bagnanti pigliano il sole sereni, inconsapevoli che a pochi chilometri dal loro ombrellone tre di quella schiera di perduta gente, sono impegnati a risalirlo, quell'inferno, speranzosi di “riveder le stelle”. Va bene, esagero, la nord del Monte Camicia non è l’inferno, non è neanche un orco, ma solo una parete alta, grande e su roccia pericolosa, ma è vero che scalarla è una cosa epica, pregna di avventura in un ambiente incredibilmente affascinante, orribilmente affascinante…>>.

Roberto subiva il fascino di quella parete. Non c’è dubbio. Contro la prevalente abitudine di arrampicare sulle difficili, ma ben protette falesie, riteneva che, delle montagne a portata di mano, solo le grandi pareti del Gran Sasso consentivano di affrontare la montagna vera con tutte le sue incognite. In particolare la parete Nord del monte Camicia ha sempre avuto per gli alpinisti del Centro Italia, e Roberto tra questi, un fascino particolare, l'"Orco" che attrae e si fa temere al tempo stesso per isolamento, dislivello e pessima qualità della roccia.

Sul M. Camicia Iannilli era stato più volte: con Ezio Bartolomei nel 1998 aveva salito il Pilastro Nirvana, calandosi dalle balconate dell’anticima per qualche centinaio di metri, e nel 1999, sempre con Ezio, aveva aperto la strepitosa Vacanze romane, che risale l'intera parete partendo dal Fondo della Salsa.

Le salite sono entrambe ben decritte nel libro di Roberto “...forse ACCADE COSI’ - L’Alpinismo: un gioco, ma non uno scherzo”, pubblicato nel 2011 da Alpine Studio nella collana Oltre confine, che rappresenta un po’ la sua prima autobiografia.

La sua passione politica è rimasta immutata fino all’ultimo: due vie nuove aperte con Luca D’Andrea, le ha chiamate ‘Compagni dai campi e dalle officine’ e ‘Lotta di classe’. Sulla prima è uscito postumo il libro edito da Ricerche&Redazioni che è stato presentato a L’Aquila il 16 ottobre 2016 in occasione del Festival della Montagna, che, a seguire, ha visto anche l’assegnazione a Roberto del premio “Targa Alpinisti del Gran Sasso”.

La cupa parete nord dall’intatto fascino sinistro è lì incombente. Roberto e Luca su quella parete cercavano il loro alpinismo, quello che avevano sempre voluto. Non sono più tra la perduta gente, sono tornati per sempre a riveder le stelle. A noi che abbiamo incrociato il percorso della loro vita l’onere e l’onore di ricordarli, anche attraverso l’iniziativa del premio letterario.

Per ragioni di tempo, non vi parlerò a lungo dell’altra iniziativa, di cui Roberto ebbe l’idea originaria, la “Targa alpinisti del Gran Sasso”. Vi dico soltanto che quel riconoscimento, pensato con cadenza biennale, sarebbe andato a una realizzazione alpinistica compiuta o tentata nel gruppo del Gran Sasso (da intendere come ascensione, discesa estrema, operazione di soccorso o altro) tale da  esprimere ed esaltare la passione, l’intelligenza, la capacità  tecnica, la solidarietà e il rispetto nel rapporto umano con la montagna.

Attraverso il suo incontro con l'Associazione Iannilli voleva creare un ponte tra la generazione dei vecchi alpinisti che hanno fatto la storia dell'alpinismo su quella montagna ed i giovani che oggi si cimentano con quelle stesse pareti. Lui stesso vedeva negli alpinisti di allora, molti ancora attivi e soci dell'AAGS, i modelli di riferimento ed i maestri da imitare nell'attività alpinistica e nella vita. Nomi come quelli degli aquilani Andrea Bafile e Mimì Alessandri, dei teramani Gigi Muzii e Fernando Di Filippo, degli alpinisti della Sucai Roma Paolo Consiglio, Franco Alletto, Gigi Mario e Silvio Jovane, degli 'alpinisti piceni' Marco Florio, Maurizio Calibani, Peppe Fanesi e Francesco Bachetti e di quelli di Pietracamela come Lino D'Angelo gli sono stati modelli e con alcuni di loro aveva stretto buoni legami di amicizia.

Con Roberto ci siamo visti l'ultima volta a L’Aquila lunedì 11 luglio 2016, 8 giorni prima della disgrazia, in occasione della riunione del gruppo di coordinamento dell'Associazione, organizzata con qualche difficoltà perché Roberto voleva tenersi libero per una salita importante non meglio specificata…Era seduto davanti a me e, sull'argomento di maggiore interesse della riunione - l'assegnazione del premio Targa Alpinisti del Gran Sasso, prevista a novembre - Roberto ci diceva di aver raccolto 5-6 candidature tra i giovani protagonisti di quanto ultimamente realizzato nel gruppo del Gran Sasso e di quanto ancora da realizzare durante l’estate. Estate che non era ancora finita...

Cercando forse di andare oltre il tentativo fatto nel 1996 da Pierluigi Bini, l'"Orco" ce lo ha portato via per sempre.

Nessuno di noi poteva immaginare che quel riconoscimento sarebbe stato assegnato proprio a lui.

Roberto era attratto anche da altre “Muse”. Aperta nel 1998 la via "Nirvana" sul M. Camicia, Roberto ed Ezio speravano di poter ottenere qualche riconoscimento nell’ambito della Rassegna Internazionale del Cinema di Montagna e Avventura, istituita a iniziare da quell’anno a Breuil-Cervinia  su iniziativa dagli enti locali e dal mensile ALP della Vivalda Editori. Come sapete questa rivista fondata a Enrico Camanni, ha purtroppo ha cessato le sue pubblicazioni nel 2013, ma il premio ALP/Cervino, poi diventando Cervino Cinemountain - International Filmfestival, Breuil-Cervinia Valtournenche, ha continuato a promuovere la produzione cinematografica e TV rivolta all'esplorazione e alla rappresentazione della cultura e dell'ambiente montano fino all'avventura in tutte le sue forme. Resta il fatto che la loro impresa non fu presa in considerazione.   

 Gli avvenimenti di questi ultimi giorni, con la tragica scomparsa di Daniele Nardi e Tom Ballard sul Nanga Parbat, mi hanno fatto molto riflettere ed ho trovato delle similitudini tra la figura di questi due grandi alpinisti laziali, in particolare il sogno che li ha accompagnati alla vigilia della tragedia e la loro visione di alpinismo.  

Leggendo il racconto di "Vacanze Romane" (nel suo citato “… forse ACCADE COSI’”), colpisce l'episodio del sogno fatto alla vigilia della salita quando Roberto, accucciato nella parte posteriore dell'auto, si immagina di arrampicare lungo un'enorme placca, sempre più ripida, e di scorgere all'improvviso una costruzione attaccata alla roccia con la scritta "Bar Camicia". Entrando riconosce il gestore che ha il volto di Pierluigi Bini. Non penso che il sogno vada visto come un segno di quanto sarebbe accaduto tragicamente 17 anni dopo nel tentativo di cercare la via provata da Bini, ma è sintomatico della mente fantasiosa e creativa di Roberto e della sua ottima capacità di esprimerla in quello che ha lasciato scritto, esaltata dall'attrazione che la Nord esercitava su di lui. 

Daniele Nardi, in una sua precedente esplorazione dello sperone (2013-14?), avverte di notte la presenza dello “spirito” di Albert Frederick Mummery, si sveglia per lo scricchiolio dei passi che proviene da fuori la tenda, esce ed è certo che sia lui. E’ come se gli dicesse di andarlo a cercare e che è su quello sperone che ci sono le risposte. Ma quali risposte? Lui cerca solo la vetta, non cerca risposte. Si chiede “Perché è venuto a trovarmi?” Vorrà dirmi che vuole che faccia attenzione?”.   

Ma questi, che qualcuno potrebbe credere sogni premonitori, non meritano di essere seriamente presi in considerazione, quello che conta davvero è il senso che entrambi avevano del loro rapporto con le sfide della montagna. In entrambi si coglie la voglia di trasmettere una passione ed uno stile di vita prima ancora che di scalata. All’origine entrambi autodidatti, per poi frequentare un vero corso di arrampicata e passare quindi dall’arrampicata all’alpinismo vero, realizzato sulle montagne di casa (e sul Gran Sasso in particolare) fino alle spedizioni sulle montagne più alte del mondo.

In entrambi prevale la logica dello scalare in stile alpino: leggero, responsabile, etico, l’unico concepibile, spesso in solitaria. Tutti e due fedeli alla traccia lasciata da che li ha preceduti nella difficile arte del salire i monti. Per Roberto mi vengono in mente i suoi idoli di riferimento Mimì Alessandri, Andrea Bafile, Lino D’Angelo, Sivio Jovane ed altri che hanno fatto la storia dell’alpinismo sul Gran Sasso e non solo, per Daniele l’incombente figura di quel grande pioniere dell’esplorazione e delle sfide alpinistiche che fu Mummery appunto, la cui visione del possibile teatro di azione sugli ottomila Himalayani era in anticipo di 55 anni sulla prima salita di un ottomila, ma per tutti e due anche Walter Bonatti e Reinhold Messner con le loro epiche imprese spinte al limite delle possibilità umane, rapportate ai mezzi di allora. 

Roberto come Daniele, Luca come Tom se ne sono andati prima del tempo, ma senza dubbio facendo ciò che amavano di più.  

 MOMENTI SALIENTI DEL PREMIO LETTERARIO  

Selezionata la commissione giudicatrice, formata da Alessandro Gogna (presidente), Gianni Battimelli, Renzo Bragantini, Ilona Mesits, Alberto Sciamplicotti, Franco Cravino e Carlo Alberto Pinelli (questi ultimi due poi receduti), il 'Premio letterario Roberto Iannilli' è stato presentato a Roma il 10 febbraio 2017 nel corso della serata organizzata presso la Sezione di Roma del Club alpino italiano, relatore Alessandro Gogna.

All’iniziativa è stato dato ampio risalto con comunicazioni diffuse da una pluralità di sorgenti (notiziari, blog, social network e siti dedicati al mondo dell’alpinismo) e prima della scadenza sono  pervenuti 33 elaborati di diversa natura e lunghezza, 32 dei quali sono stati ammessi al concorso.

La consegna delle targhe-premio ai primi cinque classificati è avvenuta il 27 novembre 2017 nel corso della cerimonia organizzata nella cornice dell’evento “Montagne in città” presso l’Auditorium del Seraphicum a Roma. Quella sera un pubblico numeroso e attento, dopo avere ascoltato la mia breve introduzione e l’altrettanto breve resoconto di Gianni Battimelli sul lavoro svolto dalla giuria, ha udito Alessandro Gogna compiacersi per il numero e la qualità degli elaborati, diversi per argomento e provenienti da diverse parti d’Italia.  

I premiati, chiamati sul palco da Gogna e Patrizia Perilli, moglie di Roberto, sono stati: Mario Santamaria, vincitore, per “Gioca con te”, Marco Morante, secondo classificato, per  “La montagna in mezzo”, Antonio Mariani (presentatosi sotto lo pseudonimo di Gavino Gordoni), terzo classificato, per “Rosacamuna”, Davide Scaricabarozzi, quarto classificato, per “Très jolie passage” e Francesco Saladini, quinto classificato, per “La storia non finisce mai”.

La decisione sui testi da pubblicare nel libro è stata presa dal Direttivo dell’Associazione il 20 aprile 2018 a Roma. A norma del regolamento del premio l’Associazione era tenuta a pubblicare solo l’opera del primo classificato, ma le valutazioni della commissione giudicatrice – che aveva ritenuto tutti i racconti letterariamente validi, alcuni di livello superiore alla media e molti, dopo i primi, di quasi identico interesse – hanno portato a inserire nel libro circa la metà delle opere, comprese le prime cinque premiate (il racconto di Saladini non compare qui perché ha seguito un percorso di pubblicazione autonomo).

Un premio speciale andrebbe attribuito ad Alberto Graia che ha saputo arricchire questa pubblicazione con bellissimi disegni, prova della sua capacità artistica ma anche del grande affetto che lo legava a Roberto alla pari degli altri amici del ‘Pippon Club’ e dei tantissimi che lo hanno seguito per anni sul forum di Placet Mountain.  

Ed è ancora nel nome di Iannilli che l’Associazione ‘Alpinisti del Gran Sasso’ ha deciso una seconda edizione del premio, nominandone la Commissione giudicatrice presieduta ancora da Alessandro Gogna al quale va il ringraziamento più sincero per la passione e la competenza con la quale ha seguito e seguirà l’iniziativa.

Sarà una commissione giudicatrice ancora più numerosa, presieduta da Alessandro Gogna e composta da Paolo Ascenzi, Renzo Bragantini, Francesca Colesanti, Linda Cottino, Ilona Mesits, Ines Millesimi, dal qui presente Alberto Osti Guerrazzi e da Alberto Sciamplicotti.

Mi auguro che anche questa volta potremo essere testimoni d’una partecipazione di autori altrettanto nutrita, e forse ancora più numerosa e stimolante.    

 L’ASSOCIAZIONE ALPINISTI DEL GRAN SASSO

L’ultima assemblea dei soci che si è tenuta l’8 settembre 2018 a Prati di Tivo è coincisa con il sedicesimo anniversario del primo raduno della nostra Associazione che trovò ospitalità all’Hotel Miramonti  il27-28-29 settembre 2oo2. C’era la neve, ma l’idea di far ritrovare insieme gli alpinisti che trent’anni prima arrampicavano sulle pareti del Gran Sasso era molto stimolante.

I promotori furono Francesco Saladini di Ascoli, Mimì Alessandri de L’Aquila, Franco Cravino di Roma e i teramani Lino D’Angelo e Peppino D’Eugenio che purtroppo ci hanno lasciato per sempre. I partecipanti furono allora circa 180 e mi emoziona ricordare di aver incontrato per la prima volta alpinisti di eccelsa statura come Andrea Bafile o personaggi noti soprattutto per altri valori, mi riferisco a Salvatore Tirabovi di Teramo, eroe della resistenza, deceduto a 94 anni tre anni fa. Lo sfortunatissimo alpinista ascolano Francesco Bachetti, già in cattive condizioni di salute, tentò di unirsi a noi in occasione di quel primo raduno, ma senza riuscirvi per aver smarrito la strada, morì meno di due anni dopo.  

Altri straordinari protagonisti della montagna e della vita sono entrati più tardi a far parte dell’Associazione: Pino Sabbatini, guida e capo del Soccorso alpino di Teramo, travolto nel Canale di Mezzo del Corno Piccolo nel dicembre 2014, e appunto Roberto Iannilli, nostro ultimo e indimenticabile presidente. Fu lui che associandosi nel 2010 ci fece prendere definitivamente coscienza della necessità di rinnovamento per aprirci ai più giovani.  Gradualmente, grazie a Iannilli, portatore di nuove idee e dei suoi progetti, dopo anni di raduni, riunioni, incontri, serate conviviali e gite, l’associazione è cambiata.                         

La formalizzazione del nuovo corso è avvenuta con la modifica del nome da “vecchie glorie” a “alpinisti” del Gran Sasso, decisa dall’assemblea che si tenne a Roma il 12 dicembre 2014. L’ingresso di persone più giovani, in buona parte legate a Roberto, ne hanno consentito l’evoluzione, senza  mai mettere in discussione i valori costitutivi e lo scopo statutario del sodalizio che è sempre quello di raccogliere e custodire la memoria di chi ha arrampicato sul più alto gruppo dell’Appennino.  Dopo la sua scomparsa, l’assemblea tenutasi a Roma il 14 dicembre 2017, prese atto che molti problemi erano ancora aperti, ma che c’erano le condizioni per trovare gli stimoli e i modi per assicurare all’associazione la sua continuità.   Si decise di affidarne l’attuazione al nuovo Direttivo, in quella occasione e portato a 15 membri dai precedenti 13, con la nomina dei nuovi membri che resteranno in carica fino all’assemblea che approverà il bilancio 2019: Vincenzo Abbate, Pasquale Iannetti, Cristiano Iurisci e Alberto Osti Guerrazzi e la conferma di Domenico Alessandri, Gianni Battimelli, Roberto Colacchia, Fernando Di Filippo, Antonio Mariani, Massimo Mizzau, Angelo Monti, Patrizia Perilli (già cooptata in sostituzione di Roberto Iannilli), Domenico Perri, Francesco Saladini e Geri Steve.

Il gruppo di coordinamento riunitosi a Roma il 26 gennaio 2018 per scegliere al proprio interno gli organi sociali, ha deciso di rinviare la nomina del presidente ritenendo necessario prima definire quale associazione avrebbe dovuto presiedere, se cioè un sodalizio più tradizionale focalizzato sulla raccolta della storia dell’alpinismo sul Gran Sasso, magari estesa a periodi temporalmente più vicini, o uno che, oltre alla raccolta della memoria storica, volesse rappresentare l’alpinismo appenninico, ponendosi come piattaforma di comunicazione tra gli alpinisti ancora attivi nel gruppo, senza con ciò sovrapporsi alla struttura del CAI.

E’ un tema ancora aperto, ma prevale tuttavia l’idea che l’associazione non abbia esaurito il suo compito perché, se non altro, molte testimonianze storiche vanno ancora raccolte e altre se ne aggiungono ogni giorno.  

Fu il Gruppo di coordinamento nella riunione indetta d’urgenza a L’Aquila il 18 agosto 2016, a chiedermi di fungere provvisoriamente da presidente. E’ un incarico che si sovrappone a quello di Segretario, ma che ho accettato per spirito di servizio per assicurare la continuità dell’Associazione con la presenza degli organi sociali essenziali, ancorché concentrati nella stessa persona. Da allora sono passati più di 2 anni …calza molto anche in questa situazione il detto che non c’è nulla di più definitivo del provvisorio.

Quanto al futuro dell’Associazione mi auguro che, in continuità con la linea di rinnovamento di Iannilli, il suo ruolo e le iniziative promosse, tra cui i premi (letterario e Targa) possano consolidarsi, specie se in assenza di altri premi del genere in Italia Centrale, e con la possibilità di attribuire riconoscimenti a qualsiasi altra significativa iniziativa che valorizzi l’alpinismo in Appennino.  

Ad oggi l’Associazione conta 131 soci, circa la metà di Roma, ma, se si aggiungono i simpatizzanti e gli amici che partecipano alla vita dell’Associazione ricevendo regolarmente le comunicazioni e gli avvisi degli eventi organizzati e i resoconti degli stessi, il gruppo è molto più consistente. Il numero è rimasto invariato grazie all’ingresso di nuovi soci come Osti e Abbate che hanno bilanciato la dolorosa scomparsa di altri, tra i quali ricordo Giancarlo Negretti e di Gigino Muzii.

                                                                                                           Roberto Colacchia”


 

                                    La sala affollata durante la presentazione                       

 

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Cena Associazione 14 dicembre 2018 a Roma

     Organizzata da Antonio Mariani, la cena s'è svolta con diciotto partecipanti nell'elegante Casale Tor di Quinto, sede di circolo ippico oltre che di ristorante con ottimi piatti.

       Al termine è stato proiettato il film della spedizione romana al Saraghrar Peak del 1958, al quale si riferisce il breve testo di Roberto Colacchia che segue.

       Più o meno lo stesso testo, con le foto dei protagonisti della spedizione, è leggibile nella sezione 'la storia' di questo sito, alla voce 'Saraghrar Peak'.

A 60 anni dal Saraghrar Peak

60 anni fa, nel marzo del 1958, il Consiglio della Sezione CAI di Roma presieduta dal conte e alpinista romano Alessandro Datti decideva di organizzare autonomamente una spedizione sul Saraghrar, una montagna inviolata di 7349 m, nel Pakistan orientale.

Il film originale della spedizione, vincitore al Filmfestival di Trento si temeva perduto, ma fortunosamente è stato ritrovato e digitalizzato. Sarà proiettato questa sera per ricordare appunto il 60° anniversario di  quella decisione che portò l’anno dopo quattro alpinisti romani della SUCAI con capo spedizione il fiorentino Fosco Maraini, sulla cima nord-est del Monte Saraghrar, la più alta del vasto altopiano che costituisce quel massiccio e la quarta in altezza dell'intera catena dell'Hindu Kush.  

La salita, la prima in assoluto dopo lo sfortunato tentativo dell’inglese Ted Norrish l'anno prima, fallito per la morte di uno dei componenti, è stata compiuta il 24 agosto 1959 ed è considerata il primo exploit extra-europeo dell’alpinismo romano.

Le due cordate che raggiunsero la cima erano composte rispettivamente da Paolo Consiglio e Franco Alletto e da Giancarlo Castelli e Carlo Alberto (Betto) Pinelli.

Della spedizione, che ebbe un carattere esplorativo oltre che alpinistico, facevano parte anche Silvio Jovane, Franco Lamberti (medico della spedizione) ed Enrico Leone.

Fu compiuta l'esplorazione dei ghiacciai Husko, Niroghi e Sorlawi e del ghiacciaio in seguito denominato "Ghiacciaio Roma" che gli consentì poi di aprirsi la via verso la vetta.

Fosco Maraini, celebre orientalista, alpinista ed etnografo, assunse di fatto il ruolo di capospedizione per via della sua profonda conoscenza di quella parte del mondo e della precedente esperienza in Karakorum per aver  partecipato l'anno prima alla spedizione al Gasherbrum IV guidata da Riccardo Cassin. Responsabile per la parte alpinistica e organizzativa era stato però Franco Alletto

Per la spedizione furono utilizzati sette portatori d'alta quota, tutti abitanti delle valli del distretto di Chitral. Posto il campo base in località Gram Shal negli ultimi giorni di luglio, l’attenzione degli alpinisti si concentrò inizialmente sul ghiacciaio Sorlawi, piazzando il primo campo avanzato a 4900 m. Dopo due infruttuosi tentativi di salita per il "Canalone di Silvio", gli alpinisti rientrarono al campo base e diressero i loro sforzi sul ghiacciaio Roma, piazzando sei campi, l'ultimo dei quali a 7000 m, raggiungendo finalmente la vetta il 24 agosto.                                                                        

 Immagini dell'incontro






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Vette in Vista, 10^ edizione – Terni 25-28 gennaio 2018

Resoconto dell’Associazione alpinisti del Gran Sasso sul premio letterario ‘Roberto Iannilli’ – domenica 28 gennaio , ore  17

Invitati come l’anno scorso ad intervenire alla manifestazione, io ed Angelo abbiamo raggiunto domenica pomeriggio il Centro per le Arti Opificio Siri Terni dove si è svolta la 10^ edizione della Rassegna di cinema di montagna e di esplorazione - Vette in Vista.

Nella precedente edizione il pomeriggio del penultimo giorno, il 4/2, fu dedicato al ricordo di Roberto Iannilli, con le testimonianze dei suoi amici e compagni di scalata: Alberto Graia, Davide Scaricabarozzi, Loretta Spaccatrosi e Andrea Bollati. Fu presentata l’Associazione, fu detto della svolta impressa dalla presidenza Iannilli e di come si arrivò ad assegnare il premio proprio a Roberto.

La relazione di amicizia creatasi tra Iannilli e i genitori di Stefano Zavka era iniziata all’inizio del 2014, quando, nel corso della 6^edizione, Roberto presentò il film “Restiamo umani” classificandosi secondo, e si è consolidata nel 2016 quando Roberto parlò dell’istituzione del premio Targa. Si può ben dire che quei sentimenti si sono trasferiti, attraverso Patrizia e i suoi amici, all’intera nostra Associazione. Vette in Vista è diventata di fatto una ricorrente occasione di incontro tra due Associazioni oggi accomunate dal desiderio di ricordare insieme due indimenticabili alpinisti che hanno lasciato in montagna le loro vite, vissute fino all’ultimo con generosità, nella realizzazione di ciò che più desideravano.

Sempre calorosa l’accoglienza di Rita Mirimao Zavka, madre di Stefano e presidente della Associazione Stefano Zavka che, previ accordi, ci aveva riservato circa un’ora il pomeriggio dell’ultimo giorno prima della chiusura della rassegna, al temine dell’esibizione del Coro Terra Majura.

A me il compito di dire qualcosa sul premio letterario “Roberto Iannilli” e sui suoi vincitori. Ho raccontato della genesi di questa ulteriore iniziativa promossa dall’AAGS per valorizzare la dimensione letteraria della passione per la montagna e di come anche questo è stato intitolato al suo indimenticabile Presidente.

Ho detto della presentazione ufficiale del premio avvenuta il 10/02/2017 presso la sede della Sezione CAI Roma da parte di Alessandro Gogna, presidente della Commissione giudicatrice del premio, con la presenza in sala di alcuni membri della giuria composta da Gianni Battimelli, Renzo Brigantini, Franco Cravino, Ilona Mesits, Carlo Alberto Pinelli, Alberto Sciamplicotti (Cravino e Pinelli poi ritiratisi per impegni sopraggiunti).   

Ho raccontato dei timori che, avvicinandosi la scadenza del 30 settembre 2017 per la consegna delle opere, la partecipazione si dimostrasse scarsa nonostante gli avvisi per ricordarla apparsi sui siti e i notiziari diffusi da una pluralità di sorgenti (notiziari, blog, social network). Previsioni dimostratesi sbagliate visto che gli elaborati di diversa natura e lunghezza sono stati 32, tutti di livello soddisfacente con 3-4 opere superiori alla media.

Con la foto di Gogna e del palcoscenico dove è avvenuta la consegna dei premi proiettata alle mie spalle, ho parlato della cerimonia di assegnazione del premio letterario avvenuta venerdì 27 novembre 2017 - nella cornice dell’evento “Montagne in città” organizzato presso l’Auditorium del Seraphicum a Roma. 

Ho raccontato che quel 27 novembre un pubblico numeroso e attento, dopo avere  ascoltato la mia breve introduzione con cui ho  ricordato la figura umana e alpinistica di Iannilli e l’altrettanto breve resoconto di Gianni Battimelli sul lavoro della giuria, ha potuto sentire le parole di compiacimento di Alessandro Gogna per il numero e la qualità degli elaborati, diversi per argomento, provenienti non solo dalle regioni centrali ma anche da altre d’Italia, in gran parte letterariamente validi e molti, dopo il vincitore, di quasi identico interesse. E’ seguita la consegna da parte di Gogna e Patrizia Perilli, moglie di Roberto, delle targhe-premio ai primi cinque classificati, chiamati sul palco nell’ordine inverso a quello della graduatoria, che sono stati Mario Santamaria, vincitore, per “Gioca con te”, Marco Morante, secondo classificato, per “Le montagna in mezzo”, Antonio Mariani (alias Gavino Gordoni), terzo classificato, per “Rosacamuna”,Davide Scaricabarozzi, quarto classificato, per “Très jolie passage”,Francesco Saladini, quinto classificato, per “La storia non finisce mai”.

 Ho voluto dare un’idea dei contenuti delle opere più significative e delle figure degli autori, soffermandomi su alcune in particolare, anche classificate oltre le prime cinque.

Tra gli autori, ho detto che alcuni sono giornalisti ed editore ed altri alpinisti ed amici di Roberto Iannilli. In particolare ho parlato delle opere di Santamaria, Mariani, Morante, Saladini e Scaricabarozzi, queste ultime due le sole che non fanno riferimento ai monti d’Abruzzo, ma ho anche accennato ai contenuti di “Cuore di Pietra” di Monaci, di “Murelle Monamour” di Cristiano Iurisci e “Tempo per respirare” di Francesco Gherlenda.

Troppo poco il tempo per parlare di altro. A conclusione del mio intervento ho detto che il libro che sarà pubblicato, secondo quanto previsto dal regolamento del premio letterario, conterrà una buona parte delle opere presentate al concorso, arricchite dai disegni di Alberto Graia ispirati ai singoli racconti.  

Angelo Monti, venuto con me da Roma, ha proiettato il suo filmato costruito sulla concatenazione delle vedute del Gran Sasso con le inquadrature dei tanti giovani alpinisti che hanno trovato lì la loro realizzazione ma, a volte, con il sacrificio della propria vita.   

Roberto e Luca D’Andrea erano lì sullo schermo uniti in quella scelta ideale.

                                                                                                       Roberto Colacchia

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Serata conclusiva prima edizione premio letterario Roberto Iannilli    

     Venerdì 27 novembre 2017 s’è svolta la serata conclusiva del Premio letterario Roberto Iannilli - indetto dall’Associazione per valorizzare la dimensione letteraria della passione per la montagna e intitolato all’indimenticato suo Presidente morto il 18 luglio 2016 con Luca D’Andrea sulla Nord del monte Camicia -  nella cornice dell’evento “Montagne in città” organizzato presso la struttura “Seraphicum” a Roma, vicino alla stazione Laurentina della metro B.

     L’evento aveva avuto momenti di grande interesse nei giorni precedenti, grazie anche alla presenza di alpinisti famosi come Heinz Mariacher, Pierluigi Bini e Simone Moro, ma non è stata di minor rilievo la conclusione del nostro ‘Premio’, alla quale gli organizzatori avevano riservato un’intera ora dell’ultima sera della loro manifestazione.

     Di fronte a un pubblico numeroso e attento, dopo una breve introduzione del nostro presidente f.f. Roberto Colacchia che ha ricordato la figura umana e alpinistica di Iannilli e un altrettanto breve resoconto di Gianni Battimelli sul lavoro della giuria nonché sui timori d’un flop smentiti dalle 32 ‘opere’ pervenute nei termini del Regolamento, il presidente della stessa giuria Alessandro Gogna ha confermato il suo compiacimento per il numero e la qualità degli elaborati, diversi per argomento, provenienti non solo dalle regioni centrali ma anche da altre d’Italia, in gran parte letterariamente validi e molti, dopo il vincitore, di quasi identico interesse, proponendo per ciò di  ampliare a 10 – 12 il numero di quelli da pubblicare in libro.

     Lo stesso Gogna e Patrizia Perilli, moglie di Roberto, hanno quindi consegnato, peraltro nell’ordine inverso a quello della graduatoria, le targhe-premio ai primi cinque piazzati che sono Mario Santamaria, vincitore, per “Gioca con te”, Marco Morante, secondo classificato, per  “La montagna in mezzo”, Antonio Mariani, terzo classificato, per “Rosacamuna”, Davide Scaricabarozzi, quarto classificato, per “Très jolie passage” e Francesco Saladini, quinto classificato, per “La storia non finisce mai”.

     La premiazione s’è conclusa con un applauditissimo video di Angelo Monti sugli amici scomparsi in montagna, a partire appunto da Roberto e Luca, ma contenente anche splendide immagini del nostro Gran Sasso, prima che una trentina di soci e amici partecipassero con alcuni dei premiati e dei componenti della giuria tra cui Gogna alla cena preparata in altra sala della stessa struttura del ‘Seraphicum’, purtroppo in concomitanza col film del tentativo di solitaria invernale dello spagnolo di etnia basca Alex Txikon all’Everest presentato da Domenico Perri.

     Il successo dell’iniziativa è dipeso in massima parte dal lavoro paziente e disinteressato della giuria presieduta da Alessandro Gogna e composta da Gianni Battimelli, Renzo Bragantini, Ilona Mesits e Alberto Sciamplicotti, che l’Associazione doverosamente e sentitamente ringrazia.

     Il nostro impegno deve ora  essere volto, tra le altre iniziative in cantiere che verranno discusse all’assemblea 2017 prevista a metà dicembre, alla preparazione della seconda edizione d’un Premio letterario che, nato bene, sembra in grado di crescere ancora meglio.

Alessandro Gogna illustra il lavoro svolto dalla giuria del Premio e il buon rilievo degli elaborati  pervenuti,   dopo  le introduzioni di  Roberto  Colacchia (a destra)  e   Gianni Battimelli (a sinistra) 

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Incontro del 23 luglio 2017 in ricordo di Roberto e Luca

    Domenica 23 luglio s'è svolto  al Fondo della salsa, 1075 metri slm, l'incontro promosso dall'Associazione alpinisti del Gran Sasso e  dalle Sezioni di Castelli e di Sulmona del Club alpino italiano per l'impianto d'una piccola targa in ricordo di Roberto Iannilli e Luca D'Andrea, caduti il 19 luglio 2016 attaccando la sovrastante parete Nord del monte Camicia, sul masso alla base del nevaio che già accoglie quelle dell'alpinista aquilano Piergiorgio De Paulis, morto il 23 dicembre 1974 nel corso della prima salita invernale della parete portata poi a termine dal conterraneo Mimì Alessandri,  e del capitano dell'aeronautica militare Marco Adinolfi schiantato dalla nebbia col suo aereo da caccia sull'alto della stessa parete il 6 aprile 1994. 

  
    Sono saliti al nevaio da Colle rustico, a 770 metri sulla strada sopra Castelli verso Rigopiano, 8 rappresentanti della nostra Associazione, un folto gruppo di soci della Sezione CAI di Sulmona e il vice presidente della Sezione di Castelli. Dopo una fugace ricognizione del nevaio e delle sue grotte, l'operazione di fissaggio della targa sul duro calcare del masso è stata compiuta collegialmente dai più capaci di maneggiare trapano e stop. 

      

Nelle ridotte dimensioni (10 x 15 centimetri) autorizzate dalla direzione del Parco nazionale del Gran Sasso e dei monti della Laga,  la targa intende documentare non solo l'irripetibile valore umano e alpinistico del presidente della nostra Associazione (il cui obiettivo statutario è quello di custodire la memoria degli alpinisti operanti nel gruppo del Gran Sasso) e del suo ultimo inseparabile  compagno di cordata, ma il rimpianto profondo che la loro scomparsa ha suscitato e suscita nel cuore degli amici. 


     L'attuale presidente facente funzione dell'Associazione Roberto Colacchia ha poi ricordato brevemente Roberto Iannilli, chiedendo alla fine il minuto di silenzio che in quell'ambiente e coi nomi degli amici scomparsi davanti agli occhi è stato, ben più che una formalità, una sincera e commossa promessa di non dimenticare.


     Il presidente della Sezione CAI di Sulmona Antonio Mangiarelli ha ricordato Luca D'Andrea, la sua giovanile passione per la montagna, le qualità che ne hanno fatto, prima ancora che uno tra i migliori scalatori del centro Italia, un uomo dalle salde basi morali e sociali.


    Vincenzo Di Simone, vice presidente della Sezione CAI di Castelli "Piergiorgio De Paulis", ha portato il saluto degli altri soci, impegnati nel tempo libero della domenica dai lavori di finitura della nuova sede sezionale, richiamando le iniziative che la sua Sezione ha già assunto per ricordare Iannilli e D'Andrea.


       L'aquilano Mimì Alessandri, recentissimo reduce a 85 anni dallo Sperone centrale del Corno Grande, ha infine riassunto in breve la storia geologica del Gran Sasso che ha reso la parete Nord del Camicia, a differenza di quelle del Corno Piccolo, così pericolosa e insieme affascinante.


     Tornati alle auto, l'incontro s'è concluso con una rapida visita alla nuova sede della Sezione CAI di Castelli nel riattato "rifugio Enrico Faiani", due chilometri a monte di Colle Rustico sulla strada per Rigopiano, che verrà inaugurata il prossimo 29 luglio. 

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Da Gigi Mario a Scaramuccia il  26 maggio 2017

Nella cornice del prato alberato prospiciente il tempio Zenshinji di Scaramuccia si è svolto il tradizionale incontro con Gigi Mario con la presenza in carne ed ossa di una dozzina di soci e quella immateriale di altri che, dispiaciuti, hanno fatto pervenire comunque i loro saluti.

Umberto Caruso, al terzo tentativo fallito, ha evocato i "Bravi" di manzoniana memoria constatando l’effettività della minaccia che quell’incontro non s'ha da fare.   

Sole, vento sostenuto e temperatura ideale hanno caratterizzato le ore passate insieme a Gigi e Kiyoka, ospiti impareggiabili. Gioia sincera tra tutti nel rivederci.

I  temi di attualità, i racconti e le testimonianze delle salite di antica memoria e di quelle più recenti hanno animato la discussione. Domenico ed Ilona, rappresentanti, tra gli altri, del nuovo indirizzo dell’associazione che vuole saldare il vecchio e il nuovo alpinismo sul Gran Sasso, hanno avuto modo di incontrare per la prima volta Gigi. La visita alla palestra artificiale attrezzata nel magazzino – atto dovuto così come alla sala di meditazione del tempio – si è conclusa a favore di Gigi che, con la sua agilità e leggerezza, ha dato prova della sua classe e di saper ben dominare la verticalità dall’alto della sua scuola.

L’atteso momento del pranzo, ritardato dalla perdita del percorso da parte degli invitati di Antonio, non ha impedito agli ospiti in attesa di cogliere dagli alberi le ciliegie mature, celebrate nel rito giapponese dell'Hanami allo stato di fiori come simbolo di rinascita e buon auspicio e finite meno nobilmente da frutto come potete immaginare…

Sulla tavola specialità della migliore tradizione a confronto, complici molti delle e dei presenti, con bottiglie di bianco e di rosso unidirezionali…tutte alla fine destinate a far capolinea da Geri.

Geri, che dopo aver letto il  libro di Gigi "Buddismo contemporaneo" ha scoperto che Engaku ha rivitalizzato lo zen proponendo e facendo proporre dai suoi allievi dei nuovi Koan (*), cosa che non accadeva da un millennio.

Geri appunto, che avrebbe voluto cimentarsi con questi alti argomenti e che ha finito solo di vedere…il fondo delle bottiglie!

Al termine, respirata ancora una volta l’atmosfera di serenità che solo quel luogo e il maestro ed amico Engaku Taino sanno infondere, un gruppo dei più irriducibili ha percorso i sentieri che sono alle spalle della proprietà fino ad affacciarsi sul Castello della Sala, ben lontano sul versante opposto. Alcuni soci si sono fermati in Umbria un giorno in più per aver troppo “meditato” e per puntare alle pareti di Ferentillo.  

                                                                                       Roberto Colacchia

*  I koan sono affermazioni che appaiono paradossali e che vengono esaminate dialetticamente, rivelandone le imprecisioni, le ambiguità, gli argomenti favorevoli o contrari: gli allievi arrivano ad una sintesi discutendone sia individualmente che collettivamente con il maestro. 

foto dell'incontro

        

                           


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Premio letterario "Roberto Iannilli"

 Regolamento 10.2.2017 

        1)     Istituzione del Premio “Roberto Iannilli”

L’Associazione alpinisti del Gran Sasso istituisce il Premio letterario biennale ‘Roberto Iannilli’ in memoria del suo presidente caduto il 19 luglio 2016 con Luca D’Andrea sulla parete Nord del Monte Camicia.

        2)    Tematica

Gli elaborati dovranno sviluppare temi riguardanti l’alpinismo e il rapporto dell’uomo con la montagna, attraverso racconti reali o di fantasia o/e sulle figure reali di uno o più alpinisti o/e riflessioni filosofiche o scientifiche o esistenziali relative all’alpinismo e alle attività svolte in montagna. Pur non obbligatorio, sarà oggetto di valutazione l’inserimento di evidenti riferimenti a individuabili gruppi montuosi dell’Appennino e in particolare del Gran Sasso.

             3) Caratteristiche degli elaborati

Ciascun partecipante può inviare un solo elaborato in formato word (estensione .doc o .docx) o in formato pdf della lunghezza complessiva di non più di 60 mila battute.

I testi dovranno essere formattati in carattere Times New Roman corpo 12 e non dovranno presentare al loro interno caratteri sottolineati o colorati, né immagini né collegamenti multimediali.

       4)    Partecipazione

La partecipazione è completamente gratuita.

        5)    Invio degli elaborati

Per prendere parte al concorso è richiesto l’invio a mezzo email, all’indirizzo della segreteria del Premio comunicato in occasione di ciascuna edizione, del proprio elaborato comprensivo di titolo provvisorio. A parte andrà allegata una scheda di partecipazione contenente i dati personali dell’autore e una breve biografia. Inoltre andrà allegata una dichiarazione dell’autore di estendere alla stessa Associazione, ferma la facoltà di usarne in proprio, il diritto di autore sulle opere presentate per quanto riguarda la pubblicazione di cui al successivo punto 9 e di rinunciare a ogni diritto in ordine ai proventi che ne derivassero. Nell’oggetto della email è richiesto di indicare “Premio letterario Roberto Iannilli”.

         6)    Scadenza

Il termine ultimo per la presentazione delle opere candidate per la prima edizione del Premio è fissato al 30 settembre 2017. Le date di scadenza per le successive edizioni saranno posteriori di due anni rispetto a quelle precedenti.

7) Commissione giudicatrice

Le opere presentate saranno valutate insindacabilmente da una Commissione giudicatrice che l’Associazione si riserva di nominare e insediare scegliendone il presidente e i componenti fra personalità del mondo alpinistico e letterario.

La Commissione giudicatrice è totalmente autonoma, salvo il rispetto degli àmbiti definiti al punto 1,  quanto all’esame e alla valutazione delle opere presentate. La Commissione giudicatrice, una volta nominata e insediata, si riunisce autonomamente, definisce i criteri di valutazione, esamina tutte le opere presentate, indica tempestivamente all’Associazione, nell’ordine, i primi cinque classificati.

        8)  Graduatoria

La Commissione giudicatrice, dopo aver valutato i testi degli elaborati iscritti al Premio letterario, proclamerà il vincitore durante la serata di premiazione che si terrà in un incontro pubblico entro il 31 dicembre 2017.

        9)  Premi

I premi consistono in una targa o pergamena ai primi cinque classificati, nella pubblicazione in volume destinato alla vendita, distribuito e pubblicizzato a  insindacabile cura e a spese dell’Associazione, dell’opera del primo ed eventualmente dei successivi classificati,  e nelle somme di denaro o nelle altre utilità che l’Associazione riesca a reperire attribuendole pure insindacabilmente al primo ed eventualmente ai successivi classificati.

               10) Ulteriori disposizioni

La partecipazione al Premio letterario ‘Roberto Iannilli’ è subordinata all’accettazione del presente bando in ogni sua parte e articolo.

Ai sensi del D.Lgs 196/2003 e della precedente Legge 675/1996 i partecipanti acconsentono al trattamento, diffusione e utilizzazione dei dati personali da parte dell’organizzazione per lo svolgimento degli adempimenti inerenti al concorso. 

              11) Disposizioni transitorie

Per la prima edizione del Premio letterario la Commissione giudicatrice è composta da Alessandro Gogna presidente, Gianni Battimelli, Renzo Bragantini, Franco Cravino, Ilona Mesits, Carlo Alberto Pinelli e Alberto Sciamplicotti. Le opere candidate vanno indirizzate al recapito telematico ‘giovanni.battimelli@uniroma1.it’.

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Sezione CAI Roma, 10 febbraio 2017, ricordo di Roberto

Resoconto serata CAI Roma 10 febbraio 2017

Su come presentare ufficialmente il premio letterario intitolato a Roberto Iannilli si è a lungo discusso. L’obiettivo era quello della massima rilevanza e visibilità. Per questo, già a novembre 2016, ci si era orientati ad abbinarla alla serata in ricordo di Iannilli che la Sezione CAI di Roma stava organizzando per l’inizio di febbraio.

In preparazione dell’evento, il gruppo di Coordinamento dell’associazione riunitosi presso l'ANAC Roma il 20 gennaio ha chiesto la partecipazione degli altri  soggetti che, pur non facendo parte del Coordinamento, avrebbero avuto un ruolo centrale nell’organizzazione della iniziativa. Tra questi Elisabetta Moffa, direttore responsabile della Rivista “l’Appennino”, che si è fatta carico della parte editoriale, a partire dalla composizione del testo e della grafica del volantino, riportato qui a fianco, con cui è stata data pubblicità alla serata.

La riunione del 20/1 è servita anche per varare definitivamente il regolamento del premio e a decidere forme e modi per darne diffusione attraverso le riviste, in primis quelle del CAI, e facebook. Il sito della Sezione di Roma è stato tra i primi a riportarlo, così come Lo Scarpone.

La sera del 10 febbraio, la sala di via Galvani  era gremita. Alto l’interesse di conoscere meglio, attraverso gli interventi degli amici e dei compagni di indimenticabili salite, la figura di Roberto, alpinista di eccezionale livello e di straordinario valore umano. Elevata anche la curiosità di incontrare Alessandro Gogna, presidente della Commissione giudicatrice del premio.

Nella prima parte dedicaya al ricordo di Roberto è mancato ilsaluto del presidente della Sezione, prontamente giustificato da Elisabetta Moffa.

Dopo una breve introduzione fatta da Colacchia,  sono seguiti gli interventi di Alberto Graia e di Laura Spaccatrosi che hanno ripercorso i momenti più significativi dell’amicizia con Roberto, raccontando anche alcune esilaranti esperienze di arrampicata nella veste di soci del Pippon Club.

Il momento forse più toccante è stato raggiunto con la straordinaria proiezione di Angelo Monti, che è riuscito ad accostare la figura di Roberto a quella dei tantissimi  giovani alpinisti che hanno trovato la loro realizzazione nella montagna, a volte fino a sacrificare la propria vita.  Bellissima la colonna sonora, fatta di sola musica, che ha esaltato magistralmente la concatenazione delle vedute della nostra montagna per eccellenza, il Gran Sasso, alternata alle inquadrature dei vari alpinisti impegnati in parete.

C'è stata poi la proeiezione del film, impropriamnte intitolato "curriculum Iannilli" , perché collocato temporalmente agli inizi della 'carriera' del nostro grande presidente. Le scene di Patrizia e Giuliana sedute assieme a Roberto sui gradini del rifugio Franchetti hanno saputo trasmetterci tutta la tenerezza dei sentimenti che li legavano. A Patrizia e alle persone della sua famiglia presenti molti degli intervenuti hanno rivolto con sincera commozione parole di affetto.

Nella seconda parte, dedicata alla presentazione del premio letterario, ha preso la parola direttamente Gogna, visto che Gianni Battimelli, con la gamba ancora immobilizzata, è rimasto seduto, ritenendo peraltro giustamente che non fosse necessario introdurre un personaggio già tanto famoso come Gogna.

Alessandro ha parlato per una ventina di minuti in modo anticonformista esordendo paradossalmente che lui ai premi non ha mai creduto molto. La relazione di Alessandro Gogna sui temi che legano l’alpinismo alla sua rappresentazione nelle forme e nei modi più liberi e vari sarà ricordata.

La serata è stata comunque un successo, anche se una serie di circostanze sfavorevoli ha privato i presenti del piacere dell’incontro con gli altri membri della giuria. Di questi solo Gianni Battimelli e Franco Cravino erano in sala, Gianni peraltro faceva bella mostra di sé con la caviglia ingessata dopo la rottura in falesia del tendine di Achille. Tutti gli altri - Carlo Alberto Pinelli, Renzo Brigantini, Alberto Sciamplicotti  e Ilona Mesits - hanno espresso il dispiacere di non esserci attraverso le comunicazioni inviate a giustificazione.

Anche alcuni tra i soci più attivi della nostra associazione non hanno potuto partecipare: Saladini in ospedale ad Ascoli per l’intervento appena subito e Geri convalescente a Rovereto dopo la rottura del femore.

A conclusione, sono state distribuite ai presenti diverse copie dell'opuscolo "Roberto Iannilli" pubblicato a cura dell’Associazione che quella sera ha potuto contare, grazie a Livia Steve facente funzione di segreteria/tesoriere, anche di un significativo numero di nuove iscrizioni.

A Luca Grazzini, che ha versato una quota a modo suo come sostenitore dell'associazione, sono state lasciate una trentina di copie del regolamento.

Alla fine - erano le 20.40 – diversi dei presenti, tra cui Patrizia e gli amici del suo gruppo, hanno deciso di unirsi per una pizza.

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'Vette in vista', Terni, 4 febbraio 2017, ricordo di Roberto

La manifestazione promossa dal 2al 5 febbraio 2017 dall'Associazione Zavka e dal CAI di Terni, giunta alla 9^ edizione, ha voluto  dedicare  il pomeriggio del penultimo giorno uno spazio  particolare al ricordo di Roberto Iannilli. 

Roberto aveva partecipato a precedenti edizioni della rassegna ed aveva stabilito con i genitori di Stefano, Rita Mirimao presidente dell’Associazione Stefano Zavka e Sergio, una forte relazione di amicizia. 

Nel 2014, a conclusione della sesta edizione di Vette in Vista si era classificato secondo presentando il film: “Restiamo umani” di cui fu apprezzato il messaggio contenuto - ossia che bisogna restare sempre con i piedi per terra e riconoscere i propri limiti e fare scelte spesso non facili come rinunciare alla salita di una parete per la quale si è andati dall’altra parte del mondo – più che la qualità tecnica.
Dei due concorsi che si svolgevano all’interno della rassegna, quello per opere video di montagna “Valentino Paparelli”, attraeva molto Roberto in quanto teso a premiare la capacità dell’autore di trasformare le emozioni legate al mondo del verticale e dell’ambiente in immagini.

Le emozioni…, quelle che cercava nell’andare in montagna e che lo portavano a dire: “Non è il grado, la difficoltà, la prestazione atletica o la pericolosità, che fanno il vero alpinismo, ma è l’emozione che se ne riceve”. 

L’altro momento in cui Roberto rinsaldò ancora di più la relazione con questa Associazione venne in occasione dell’ottava edizione della Rassegna Vette in vista, il 31/1/2016. Roberto contava di far conoscere il premio “Targa Alpinisti del Gran Sasso” e, per questo, desiderava farsi accompagnare da alcuni dei rappresentanti della giuria che lo avrebbero assegnato. A partecipare a quella manifestazione teneva moltissimo. Si era mosso con largo anticipo comunicando a Rita e Sergio la sua intenzione:

Subject: Presentazione del premio per la migliore salita al Gran Sasso Date: Thu, 21 May 2015 18:30:09 +0200

Ciao Rita e Sergio,

forse saprete che faccio parte dell' Associazione Alpinisti del Gran Sasso (ex Vecchie glorie del Gran Sasso). Compongono l' associazione alpinisti che hanno fatto la storia dell' alpinismo del centro Italia, personaggi come Mimì Alessandri, Franco Cravino, Angelo Monti, Gianni Battimelli, Fernando DeFilippo, Francesco Saladini, Giorgio Forti, Pasquale Iannetti, Lino D' Angelo, Massimo Marcheggiani, Giampiero DiFederico, Gigi Mario .... insomma, i migliori.

Da qualche tempo abbiamo cercato di cambiare il carattere del gruppo, da associazione di ex-alpinisti a associazione di alpinisti, anche in piena attività. Per questo abbiamo deciso di organizzare un premio biennale da dare alla migliore salita alpinistica effettuata al Gran Sasso, di qualunque genere essa sia, inverno o estate, basta che sia una cosa interessante e rispetti un' etica alpinistica autentica. Il premio si chiamerà Targa e sarà assegnato per la prima volta nel 2016, considerando le salite effettuate al Gran Sasso nel biennio 2015/2016. E' nostra intenzione cercare di pubblicizzare questa nostra iniziativa e vi chiedo una collaborazione per trovare il modo per fare una presentazione del premio dopo l' estate a Terni.

Un saluto affettuoso

Roberto

Per una serie di circostanze sfavorevoli, solo Angelo Monti potè accompagnarlo, avendo dato forfait per ragioni di salute anche Massimo Marcheggiani. Nonostante gli assenti, l’idea, nata dalla discussione con Giampiero di Federico, Pasquale Iannetti e altri e sviluppata nell’ambito dell’associazione alpinisti del Gran Sasso, fu illustrata da Roberto con convinzione. La “Targa” del resto, vista come  riconoscimento alla salita alpinistica ritenuta più interessante non per la sua difficoltà estrema, ma per la passione e l’etica alpinistica con la quale viene effettuata, era la sintesi della sua stessa etica.

Il riconoscimento trovava peraltro nella qualità della giuria, formata dai migliori alpinisti del centro Italia, la garanzia di imparzialità e competenza assoluta nell’assegnazione. 

Era dispiaciuto che nessun altro dell'Associazione fosse presente, perchéosservò che la sala era piena e l'argomento aveva destato interesse e molte erano state le domande da parte del pubblico. Era particolarmente fiero che Luca Calzolari, capo della giuria del concorso, gli avesse chiesto di scrivere un articolo per "Montagne a 360 gradi", ottima  idea per pubblicizzare l'evento.

Con questi precedenti e con il dolore della tragedia di pochi mesi prima che ha colpito profondamente gli amici di Terni e chi lo aveva conosciuto, l’Associazione Stefano Zavka, nell’organizzare la 9^ edizione della Rassegna, non poteva non dedicare a Roberto una parte importante.
Il pomeriggio del 4 febbraio Roberto è quindi rivissuto nelle testimonianze dei suoi amici e compagni di scalate: Alberto Graia, Davide Scaricabarozzi, Loretta Spaccatrosi e Andrea Bollati hanno rappresentato con foto e racconti i momenti più belli della loro comune esperienza alpinistica e umana e le scanzonate avventure vissute come membri del Pippon Club.

Anche l’Associazione Alpinisti del Gran Sasso, di cui Iannilli era Presidente, è intervenuta nelle persone del presidente facente funzioni e segretario, Roberto Colacchia  e di Angelo Monti. In quanto inseriti in coda e visti i tempi ristretti - dopo c'era solo una breve pausa cena in attesa della presentazione delle esperienze Himalayane di Confortola – gli ultimi interventi sono risultati un po' sacrificati.

Colacchia, dopo una sintetica presentaione dell'Associazione e dei cambiamenti impressi dalla presidenza Iannilli, ha ripercorso i momenti che hanno portato la giuria a decidere di assegnare proprio a lui la Targa in occasione della Terza edizione del Festival della montagna a L'Aquila, descrivendo brevemente la cerimonia di consegna della stessa Targa a Patrizia domenica 16 pomeriggio nell'Auditorium del Parco del Castello, dopo la presentazione del libro postumo di Roberto "Compagni dai campi e dalle officine".

La proiezione preparata da Angelo Monti è risultata accorciata e per di più, per un maldestro intervento tecnico della cabina di regia, la colonna sonora non ha funzionato.

Nota positiva è che a Terni due nuovi soci (Graia e Sacaricabarozzi) sono entrati a far parte dell’Associazione.

L'opuscolo in ricordo di Roberto Iannilli è stato consegnato ai nuovi soci, ma le difficoltà logistiche e l’ora tarda non ne hanno favorito la vendita.

Molti e sinceri i ringraziamenti da parte di Rita per la nostra partecipazione. Per aver ricevuto qualche copia dell’opuscolo in ricordo di Roberto, ha voluto a sua volta, come Associazione Zavka, far dono a me e Angelo di una borraccia con il logo dell’Associazione.

E' una relazione importante da tener viva.

                                                                                         Roberto Colacchia                    


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Opuscolo "Roberto Iannilli"

     Decisa nella riunione 18.8.2016 all'Aquila del gruppo di coordinamento dell'Associazione, la pubblicazione dell'opuscolo (il secondo 'in memoria' dopo quello dedicato nel 2009 ad Andrea Bafile) è stata resa possibile dalla generosa collaborazione di Patrizia Perilli Iannilli che oltre al proprio ricordo di Roberto ne ha sollecitato altri ai suoi amici e ricercato e passato alcune belle foto a Francesco Saladini che ha curato l'introduzione e la realizzazione.

    Il piccolo volume, 60 pagine in tutto, con scritti, oltre quello di Patrizia, di Mimì Alessandri, Stefano Ardito, Gianni Battimelli, Anna Claudia Cartoni, Alberto Graia, Giuliana Iannilli, Luca Mazzoleni, Angelo Monti, Davide Scaricabarozzi, Loretta Spaccatrosi e Angela Torri, finito di stampare il 10 dicembre dalla tipografia Seros di Ascoli in 500 copie per un totale di euro 1.383,20, è stato distribuito a soci e amici in tutte le successive occasioni di incontro dell'Associazione.

    Chi vuole averne copia può ancora (marzo 2017) rivolgersi a Roberto Colacchia al recapito e-mail "info@montemoro.com".


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Targa Alpinisti del Gran Sasso – 16 ottobre 2016, L’Aquila

    Domenica 16 ottobre pomeriggio all’Aquila, nella cornice dell’animatissima terza edizione del Festival della montagna, è avvenuta la consegna della Targa ‘Alpinisti del Gran Sasso – edizione 2014 / 2016” che la giuria del premio, su richiesta del Coordinamento dell’Associazione, aveva deciso di attribuire in via eccezionale a Roberto Iannilli, nostro presidente.

     Di fronte al pubblico attento e commosso che riempiva l’Auditorium del Parco del Castello, comprendente anche diversi nostri soci, Roberto e Luca D’Andrea sono stati ricordati con la proiezione di alcuni video.

     Dopo il minuto di silenzio che è seguìto Stefano Ardito e Linda Cottino, moderatori dell’incontro, hanno presentato il libro postumo “Compagni dai campi e dalle officine” raccogliendo le emozionate testimonianze di molti tra gli amici che hanno accompagnato Roberto e Luca in questi anni sulle vie del Gran Sasso e nelle spedizioni extra-europee, alcuni ‘personaggi e interpreti’ essi stessi dei racconti del libro.

      Dopo un breve intervento di Roberto Colacchia come presidente facente funzione dell’Associazione, la Targa attribuita a Roberto è stata consegnata da Mimì Alessandri, decano della giuria del premio e alla presenza degli altri componenti Pasquale Iannetti, Massimo Marcheggiani e Gianni Battimelli, a Patrizia Perilli, compagna di Roberto in montagna e nella vita, tra i prolungati applausi dei presenti tutti in piedi.

     La motivazione, letta da Colacchia anziché da Alessandri sprovvisto di occhiali, è stata. “A Roberto Iannilli caduto il 19 luglio 2016  con Luca D’Andrea sulla parete Nord del Monte Camicia, in riconoscimento del valore che la sua attività alpinistica, svolta per più di trent’anni  con spirito di ricerca e d’avventura, collegando generosamente alpinisti d’ogni età e capacità e provenienza, aggiunge alla conoscenza e all’amore per la nostra montagna. / L’Aquila 16 ottobre 2016. / Associazione Alpinisti del Gran Sasso”.

     Roberto, presente a tutte le precedenti edizioni del Festival, in qualche modo era lì con noi. Anche in questa occasione ci ha generosamente lasciato qualcosa con quanto ha scritto all’inizio del libro: il significato profondo del sapersi legare agli altri e condividere i risultati, buoni o cattivi che siano.

     “Dividere il pane, dividere un ideale o una passione, essere legati da qualcosa che accumuna. Fino ad arrivare ai compagni di cordata, i quali sono talmente compagni che letteralmente si legano l’uno all’altro. Addirittura capita che siano così “compagni” che, oltre al pane e alla passione, condividano anche un ideale, ma questo è un altro discorso e capita sempre più raramente … Questi compagni possono provenire dai campi, dalle officine, dagli uffici o da dove vi pare, non è l’origine che fa differenza. In ogni caso, anche se non ci sei amico per la pelle, o non condividi un ideale, quando ti leghi a un compagno di scalata gli affidi la vita, l’unica che hai … In più di trent’anni di arrampicate in montagna mi sono legato a innumerevoli compagni. Qualcuno di questi è stato fondamentale per la mia crescita come alpinista, numerosi fanno parte degli amici, con altri invece c’è stata solo la corda che ci ha legati, ma con tutti ho condiviso i fallimenti e le realizzazioni”.

 

 

 Pubblico al Parco del Castello, foto Bruno Marconi

 

 La Targa 'Alpinisti del Gran Sasso', foto c.s.

 

 Il momento della consegna, foto c.s.


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Da Gigi Mario a Scaramuccia il 19 giugno 2015

    Un gruppo di 9 soci si è ritrovato nella tarda mattinata a Scaramuccia in una giornata leggermente nuvolosa ma dalla temperatura ideale. Sulla scarsa partecipazione ha influito l'assenza di Roberto Iannilli che fino all'ultimo aveva assicurato la presenza, quella di Franco Cravino e di Geri Steve ancora convalescenti, e di altri impediti da difficoltà logistiche. Ha anche influito la scelta del venerdì, obbligata perché il giorno successivo Gigi e sua figlia Lea sarebbero stati di partenza per le gole del Verdon.

     Gigi e Kiyoka ci hanno accolto con la disponibilità e la cordialità di vecchi amci, che rallegra e rende leggero il peso del viaggio anche all'età non più verde della maggior parte dei convenuti.

     Si è ripetuta la visita alla sala di meditazione del tempio Zenshinji, necessaria per entrare in sintonia con lo spirito del luogo. Per Cristian Muscelli, amico ascolano di Saladini che aveva già incontrato Gigi alla palestra di Ferentillo, la visita non poteva non comprendere la palestra d'arrampicata attrezzata nel magazzino di casa.

     Il pranzo è stato servito sulla veranda coperta che ha preservato gli ospiti dalla leggera pioggia che s'è presentata puntale nel primo pomeriggio ma non ha impedito di gustare il cacio sardo e la 'frittata in trippa' di Francesco, per passare poi alla saporita pasta al prezzemolo preparata dai padroni di casa, Alvise in primis, unita agli ottimi vini e ai dolci di Antonio e Giovanna e alle ciliege di Paolo e Fiorella.

     Non è certamente per questa piacevole parentesi gastronomica che siamo venuti qui ma per ascoltare quasi con devozione questo incredibile personaggio, frugale e schietto, capace di spiegare con poche chiare parole l'essenza del suo buddismo zen e il senso di essere maestro di dottrina Rinzai e dell'arte di arrampicare, allora come oggi espressi a livelli altissimi.

     Si è discusso brevemente con Gigi del suo rifiuto di far parte della giuria del premio 'Targa'. Il suo passato di alpinista e maestro di sci e l'attività di guida alpina e istruttore d'arrampicata, che dura tuttora, farebbero infatti di Gigi il giurato più qualificato. Nella sua decisione è prevalsa però la visione dello scalare già espressa nel 1965 nell'articolo "L'arte d'arrampicare e lo zen": Gigi è per uno sport, o arte, in cui non si fa sapere agli altri delle proprie scalate. Per quanto possa sembrare strano, secondo Gigi, l'alpinista "puro" è la guida/maestro che scala per i propri allievi, quelli che non chiama clienti. Una volta arrivato in cima la guida non ha bisogno di farlo sapere a chi ha scalato con lui. Ha ribadito che questa è una sua posizione personale che non deve condizionare chi la pensa in modo diverso. Taino ha rivolto anzi l'augurio, a mani unite, di pieno successo all'iniziativa. Lo scritto "L'arte di arrampicare e lo zen" è raccolto in un volumetto, "Lo zen e l'arte di scalare le montagne" appena pubblicato, che i presenti hanno avuto la possibilità di ritirare dalle mani dell'autore con relativa dedica.

     Sotto uno scroscio di pioggia battente i convenuti hanno alla fine imboccato la strada del ritorno, meditando su quanto Gidi ha saputo ancora insegnarci.


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Presentazione Targa 'Alpinisti del Gran Sasso' l'11 giugno 2015 a Roma     

La sera dell'11.6.2016 s'è svolto presso RRTRek - Rifugio Roma l'incontro per la presentazione della 'Targa Alpinsiti del Gran Sasso', riconoscimento biennale per chi si sia distinto nel realizzare, o anche solo tentare. un'impresa alpinistica di rilievo nel gruppo del Gran Sasso. La proposta di istituire il premio-Targa è stata avanzata da Roberto Iannilli nell'assemblea dell'Associazione tenuta a Roma il 12.12.2014 per far conoscere meglio la stessa Associazione e il suo sito web; il gruppo di Coordinamento nella riunione del 14.2.15 a Cerveteri ha poi deciso di assegnare la Targa per la prima volta entro la primavera-estate 2016 prendendo in esame le realizzazioni comprese negli anni solari 2014 e 2015. La serata dell'11 giugno intendeva dunque presentare il premio e aprire un dibattito sull'iniziativa ascoltando le voci a favore e quelle contrarie. Alla presentazione, preceduta da un assaggio di pizza e dalla proiezione  di una mutivisione di Angelo Monti con bellissime immagini di invernali al Gran Sasso, ha partecipato una quarantina di soci e non soci tra i quali ultimi Stefano Ardito in veste di moderatore e Silvio Iovane reduce dalla presentazione del suo libro "Yuldo" tenuta la sera prima presso la Sezione CAI di Roma. Iannilli giustifica l'assenza di Mimì Alessandri e di Luca Grazzini, la "Treccani del Gran Sasso" che avrebbe potuto certamente portare un contributo importante, chiama al tavolo della presidenza i soci e componenti della giuria presenti in sala Giampiero Di Federico, Pasquale Iannetti, Massimo Marcheggiani, Angelo Monti e Gianni Battimelli il quale preferisce però intervenire dal fondo, illustra i contenuti dell'iniziativa facendo presente che è la prima volta che se ne parla in termini operativi e che può ancora darsi non se ne faccia nulla, auspicando però critiche e suggerimenti utili a definire meglio gli obiettivi e i mezzi per raggiungerli, spiega che è determinante ilruolo e l'autorevolezza del gruppo di esperti, che comprende ancora Lino D'Angelo e altri. che formeranno il 'Comitato per la Targa Alpinisti del Gran Sasso', organo autonomo quanto a funzionamento, iniziative, finanziamento, spese e responsabilità, che potrà cooptare altri componenti tra alpinisti di provata esperienza e capacità purché soci dell'Associazione e  salvo sua ratifica: per individare e valutare le realizazioni compiute nei due anni di riferimento il Comitato assumerà informazioni in proprio in quanto il regolamento non prevede la presentazione di candidature; lo stesso regolamento, ancora da approvare nella sua veste definitiva, prevede invece che l'ambito di assegnazione non sia circoscritto alla pratica alpinistica in senso stretto ma vada esteso a "qualsiasi manifestazione che esprima ed esalti la passione, l'intelligenza, la capacità tecnica, la solidarietà e il rispetto nel rapporto umano con la montagna". Pasquale Iannetti apre la discussione ricordando il suo incontro con il nucleo originario degli amici che crearono l'associazione 'vecchie glorie del Gran Sasso': si considera tra i promotori dell'estensione temporale per fare parte del'associazione e del cambiamento del nome in quello di 'Alpinisti del Gran Sasso'. Ritiene la Targa un'interessante opportunità per richiamare l'attenzione dei giovani che vedono nell'Abruzzo e nel Gran Sasso un importante centro di interesse per la pratica alpinistica. Massimo Marcheggiani replica criticando l'iniziativa in quanto potrebbe creare  stimoli esagerati alla competizione e rischi ingiustificati. Fa proprie le osservazioni di chi, come Gigi Mario, non condivide l'atteggiamento, molto diffuso, di coloro che scalano le montagne per far sapere agli altri ciò che hanno fatto, allontanandosi così dal concetto di alpinista "puro" che è quello che condivide la gioia del raggiungimento della cima solo con chi ha scalato assieme a lui. Iannilli osserva che questo concetto non va estremizzato e che è normale rendere partecipi gli altri dei propri successi alpinistici: lui stesso ne riceve stimolo ed energia per nuove e impegnative realizzazioni. Ritiene che la Targa potrebbe orientare un numero crescente di giovani, oggi abituati a frequentare prevalentemente palestre e falesie, a riavvicinarsi alle vie con spiccate caratteristiche alpinistiche quali le ripetizioni delle classiche di difficile accesso, oggi del tutto ignorate.     Giampiero Di Federico si dichiara entusiasta dell'iniziativa che appoggia in modo convinto. Ritiene la Targa utile a dare visibilità alla montagna d'Abruzzo e l'associazione un punto di riferimento significativo. L'iniziativa può contribuire a rendere palese il valore propulsivo che il Gran Sasso e le attività possibili sul suo terreno possono dare allo sviluppo  del territorio, valore che la maggior parte degli organi pubblici così come i privati non hanno sin qui saputo cogliere: anche se di valore economico contenuto il riconoscimento va duqnue indirizzato a imprese importanti e di grande richiamo.     Battimelli  fa presente che lo stato attuale della cassa dell'associazione, che si alimenta con le sole quote una tantum versate dai soci all'atto dell'iscrizione, non permette di affrontare spese di rilievo. Iannilli non ritiene la spesa un ostacolo e ricorda che per la prima assegnazione il socio Saladini ha destinato l'importo di duemila euro in ricordo della figlia Elena. Seguono interventi di Ardito e Battimelli il quale ultimo fa presente che l'attività svolta dall'associazione vecchie glorie a partire dal 2003 ha tra l'altro il merito di avere costruito un sito che raccoglie testimonianze della  storia dell'alpinismo sul Gran Sasso non reperibili altrove. S'è trattato di un lavoro di grande mole, da continuare nei prossimi anni, purtroppo conosciuto da pochi e che merita invece di essere consultato e apprezzato. Fornite risposte ad alcune domande l'incontro si chiude alle 22,15.

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Targa Alpinisti del Gran Sasso - Regolamento 14.1.2015

1. Il 14 febbraio 2015 l’Associazione alpinisti del Gran Sasso istituisce  la ‘Targa ‘alpinisti del Gran Sasso’, riconoscimento biennale da attribuire a una realizzazione alpinistica compiuta o tentata nel gruppo omonimo (ascensione, discesa estrema, operazione di soccorso o altro) che esprima ed esalti la passione, l’intelligenza, la capacità  tecnica, la solidarietà e il rispetto nel rapporto umano con la montagna.

2. All’assegnazione della Targa provvede un ‘Comitato per la targa alpinisti del Gran  Sasso’ nominato dall’Associazione al suo interno ma del tutto autonomo rispetto a essa quanto a funzionamento, iniziative, finanziamento, spese, responsabilità.

3. Il Comitato elegge al proprio interno un segretario,  si riunisce normalmente su sua convocazione, delibera, quando tutti i componenti siano stati avvertiti, con la presenza di almeno due quinti dei componenti e a maggioranza semplice, può cooptare altri componenti tra alpinisti di comprovata capacità ed esperienza nel gruppo del Gran Sasso purché soci dell’Associazione e salvo sua ratifica.

4. Il riconoscimento è costituito da una targa recante gli estremi dell’attribuzione e ove possibile da un importo in denaro.

5. Il Comitato assume in proprio, salvo recepire eventuali segnalazioni di terzi, notizia delle realizzazioni di cui al punto 1, invita i candidati individuati a fornire per le loro realizzazioni elementi documentali peraltro non determinanti ai fini dell’attribuzione, provvede infine all’assegnazione della Targa, ovvero decide di non assegnarla, con decisione motivata ma insindacabile che porta a conoscenza di tutti i candidati e rende a sua discrezione di dominio pubblico. 

6. In sede di prima attuazione:
. il ‘Comitato per la Targa Alpinisti del Gran Sasso’ è composto, salvo accettazione, da Mimì  Alessandri, Gianni Battimelli, Franco Cravino, Lino D’Angelo, Giampiero Di Federico, Pasquale Iannetti, Roberto Iannilli, Massimo Marcheggiani, Gigi Mario, Angelo Monti, tutti soci dell’Associazione.
               . la Targa viene assegnata entro la primavera-estate 2016 prendendo in esame realizzazioni comprese negli anni solari 2014 e 2016.
               . l’importo in denaro  è  di euro duemila e viene messo a disposizione dai soci Saladini di Ascoli Piceno in ricordo di Elena.        


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Da Gigi Mario a Scaramuccia il 10 maggio 2014

   Poche righe sull’incontro con Gigi Mario a Scaramuccia del 10 maggio: splendida giornata, caldo improvviso mitigato dall’aria della collina umbra, ospitalità tanto ineccepibile da risultare inapparente, gioia sincera tra tutti nel rivederci – e non è poco all’età di diversi tra  i quattordici  rappresentanti di un’associazione che porta nel nome il suo senso anagrafico, assente per problemi dell’ultimo momento il presidente Franco Cravino.

     Ci sono stati di nuovo la visita alla sala di meditazione del tempio Zenshinji, non per curiosare ma per capire, alla palestra d’arrampicata attrezzata nel magazzino e alla casa di Gigi e Kiyoka e ovviamente ricordi e racconti prima durante e dopo il lungo momento del pranzo.

    Sulla tavola la gran padella di ‘scafata’ di Antonio e Giovanna vince facilmente il confronto con la mia ‘ingrecciata’ (tutte e due di carciofi fave e piselli), compaiono davvero (e scompaiono) i due chili di mozzarella di bufala promessi da Paolo e Fiorella, passano la seconda, dopo quella del 2013, saporita pasta al tonno di Filippo e poi salumi, formaggi, salmone, ananas e bottiglie di bianco e di rosso insieme con fette di ottimi dolci portati da Mimì, Fernando, Geri, Stefano ed Elisabetta, Enzo e signora, Roberto e Livia fino a che un caffè del marinaio troppo apprezzato rispetto alla quantità risolleva un po’ le mie quotazioni.

    Il tutto è molto piacevole ma non siamo venuti sin qui anche da trecento chilometri  solo per questo ed è chiaro quando saluto Gigi e mi stupisce ancora rendermi conto che il suo sorriso contento di oggi e le mani spesse e il volto scavato e lo sguardo come sempre  interessato sono insieme quelli del ragazzo romano di tanti anni fa e del maestro d’altissima e immagino severa classe d’alpinismo e di zen.

    Io poi non ritengo che vivere sia dolore più che gioia (vedi per riferimenti nel forum del sito zenshinji.org il link su Lo Zen e l’arte d’amministrare il Comune) e sapendo d’essere innestato su un corpo animale non credo lo sia neppure morire così che non sento il bisogno di annullare la mia transitorietà ma di nuovo, come l’anno scorso, l’incontro con Gigi e con Scaramuccia m’ha emozionato e rasserenato.

    E  di questo grazie a lui e a tutti.

                                                                                             Francesco Saladini

 itinerario per Scaramuccia, rettifica: rispetto alle indicazioni fornite nell’invito all’incontro, l’itinerario giusto è questo: lasciare l’autostrada A1 al casello di Orvieto, uscire dallo svincolo verso destra, proseguire dritto per circa 500 metri, alla seconda rotonda girare a destra e seguire le indicazioni per Arezzo fino al km 40,400, a circa 7 chilometri dal casello, qui imboccando sulla sinistra, subito prima di un piccolo ponte. una strada con  cartello ‘Scaramuccia’ e seguirla per circa 2 chilometri, prima d’asfalto poi sterrata e facendo attenzione ad altri cartelli ‘Scaramuccia’ posti su tutti i bivii, fino all’arrivo.

dal sito Zenshinji.org: La peculiarità della scuola (di Scaramuccia) consiste nel mutuare aspetti tipici della cultura d’occidente all’interno della tradizione orientale. L’arrampicata, l’alpinismo, lo sci ed altre attività fisico-sportive convivono e si intersecano con la pratica della meditazione, con lo Yoga ed il Tai Chi.

  
   
       il muro d'arrampicata indoor di Scaramuccia Gigi Mario

   
      Ma il vino non l'ha portato nessuno?                                        Ah, mbè


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Cena sociale 11 dicembre 2013 a Roma


    Mercoledì 11 dicembre 2013 s’è svolta la seconda cena sociale dell’Associazione ‘vecchie glorie del Gran Sasso’ nella sede dell’Associazione avventure del mondo (previa iscrizione ad essa di tutti i partecipanti) a Roma in Lungotevere Testaccio 10.

     Ai più di 50 nostri soci, provenienti anche dall’Aquila, Teramo e Ascoli,   si sono uniti gli oltre 20 componenti del coro ‘Malga Roma’ dell’Associazione Nazionale Alpini  diretto da Antonio Mariani che prima della cena ha cantato con grande bravura e simpatia una diecina di pezzi - da Era una notte che pioveva a Vola vola, da Belle rose du printemps alla Valsugana, da Monte Canino a Va l’Alpin su l’alte cime – sino a coinvolgere gli ascoltatori nella Montanara finale.

     Ottimi i piatti e l’ambiente e come nel 2012 ben riuscita l’iniziativa organizzata da Mariani anche come “incontro di Natale 2013” tra le ‘vecchie glorie’ e il coro secondo il volantino distribuito in apertura di serata e resa possibile dall’ospitalità di Avventure del mondo e del suo capo e nostro neo socio Vittorio Kulczycki.

     Nel corso della cena s’è parlato di una nuova visita al tempo buddista zen di Scaramuccia,  ancora Mariani ha avuto la disponibilità di Gigi Mario ad accoglierci nella prossima primavera e il nuovo direttivo, eletto senza sostanziali variazioni nell’assemblea di settembre e insediato lo stesso 11 dicembre, è impegnato ora a organizzare l’incontro avvertendone tempestivamente soci e  amici.

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Incontro  2013 con Gigi Mario a Scaramuccia

     Sabato 13 aprile ho partecipato al preannunciato incontro a Scaramuccia con Gigi Mario, che non vedevo dalla sola volta che con altri di Ascoli (Maurizio Calibani, Ignazio Castellani, Marco Florio e Claudio Perini) ho arrampicato dietro a lui, e a Silvio Jovane, sullo Spigolo Bafile al Pizzo del diavolo, nel 1958.

     Gigi e Kiyoka ci hanno accolto con la disponibilità e la cordialità di vecchi amici ai quali ho portato il saluto di chi, come Franco Cravino, Umberto Caruso, Gigino Muzii, Giorgio Forti e Fernando Di Filippo, non è riuscito per motivi diversi a essere presente.

     Lui è come cinquantacinque anni fa uno essenziale, frugale e schivo che però se gli chiedi ti spiega in poche parole chiare il suo buddismo zen per la solidarietà e la pace, ti mostra la sala di meditazione e l’elenco dei maestri della scuola Rinzai, parla della quindicina di centri nati da Scaramuccia e operanti in Italia e altri Paesi d’Europa ma anche racconta di sé, di quando correva sui pattini negli uffici della banca del lavoro, della settimana passata fuori dalla porta del monastero di Kobe in attesa d’esservi ammesso e ordinato monaco, del suo passato di alpinista e maestro di sci, dell’attività di guida alpina e istruttore d’arrampicata che continua ancora oggi (e diversi di noi l’hanno seguìto nella passeggiata di domenica sui monti reatini).

     Da incallito razionalista sapevo che incontrarlo sarebbe stato interessante ma non immaginavo sino a che punto m’avrebbe emozionato e rasserenato.

     A completare il quadro d’una giornata straordinaria hanno provveduto la bellezza del posto e l’aria di primavera  ma anche l’ineccepibile pasta al tonno di Filippo, il sorridente discepolo di due metri che chiama Gigi “a maé”, il rosso robusto e morbido di Giancarlo Dolfi e Olga dalla Toscana, le ferratelle aquilane di Mimì e Irma e forse anche le pseudo-tagliatelle della mia frittata “in trippa”.

     Ma soprattutto le parole della dedica di Engaku Taino sul suo libro del 2013 ‘Buddismo contemporaneo’ perché corrispondono perfettamente al senso del nostro stare insieme nell’associazione: “Quanti anni! Eravamo ragazzi, tutti. E, in fondo, lo siamo ancora”.

     Ciao Gigi e grazie.                                                                             Francesco Saladini

Immagini dell'incontro

Sull'ingresso del tempio buddista, da sinistra Bruna, Irma, Mimì e Gigi

pranzo 1

pranzo 2


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Cena sociale 25.1.2013 2013 a Roma

     Finalmente decisa dal gruppo di coordinamento, è stata ottimamente organizzata per venerdì 25 gennaio 2013  da Antonio Mariani presso l’Associazione Nazionale Alpini in viale Giulio Cesare.

    All’iniziativa hanno aderito più di 60 soci e parenti o amici, buona parte dei quali ha poi assistito alla presentazione di Roberto Colacchia del sito ristrutturato.

    Quanto alla bontà del  “rancio” proposto dal ristorante ANA più d’ogni parola possono alcune delle immagini scattate da Geri.

    

          

 

             

     


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Gita al Fondo della salsa del 28.5.2011, resoconto

associazione vecchie glorie del Gran Sasso, segreteria                                      Ascoli 31 maggio 2011

                                                                                                                a tutti i soci e agli amici forniti di p.e.   

     Alla gita  al Fondo della Salsa sotto la parete Nord del Monte Camicia programmata per il mattino di sabato 28 maggio 2011 hanno partecipato 9 soci e amici condotti da Mimì Alessandri.

     A cura di Giorgio Forti gli stessi e altri hanno visitato nel pomeriggio la chiesa di San Donato (le piastrelle del soffitto sono state  illustrate dall’avvocato Gianni Giacomini presidente del Museo di Castelli purtroppo chiuso dal terremoto) e poi il Liceo artistico grazie a una sua cortese Insegnante.

    Domenica 29 un’escursione di alcuni partecipanti da Vado di Sole a Vado di Siella, sulla verde parte finale della cresta del Centenario,  ha concluso la seconda gita dell’Associazione.     

      Colgo l’occasione per invitarVi a spendere un fine settimana nel tranquillo paese di Castelli dagli splendidi tesori di natura e d’arte e in una passeggiata sotto l’imponente parete del Camicia.

     Per un pernottamento accogliente e silenzioso e per un ristoro d’eccezione quanto a genuinità e a prezzo mi permetto di segnalare il B&B ‘Vecchio Mulino’ (tel. 0861 979232).

      Per il 10° raduno da giovedì 23 a sabato 25 giugno a Castel del Monte (si deve tra l’altro rinnovare la dirigenza dell’Associazione) ricordo di prenotare tempestivamente (tel. 0862 938484 o 338 7528770, fax 0862 938264, e-mail htlparcogransasso@tiscali.it).

     Chi riceve questa nota per posta e ha recapito di posta elettronica è pregato di segnalarmelo.

     Cordialmente.                                                             Francesco Saladini segretario

     Galleria di foto della gita 

        

                              

                              Il Camicia da sopra Castelli                                                                                            Le targhe in memoria                               

                              Il gruppo accanto al cippo

                             

                             Verso il Fondo della Salsa

                             

                             L'avvocato Giacomini nella chiesa di San Donato

                              

                              Il gruppo in visita al Liceo artistico di Castelli

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Altre serate di presentazione dell’associazione nel 2009

      Mentre si stava organizzando a Teramo la seconda ‘serata di presentazione dell’Associazione’ il terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009, nel quale l’associazione ha perduto il carissimo amico Lucio Berardi,  ha indirizzato ad altri scopi (la richiesta ai soci di un contributo per la riapertura di quella Sezione CAI, vedi nei documenti relativi ai raduni 2009 e 2010) le energie del gruppo di gestione.

      La scomparsa di Andrea Bafile nel settembre dello stesso 2009 e il conseguente impegno per le serate svolte in ricordo del grande alpinista aquilano (vedi nella sezione “I protagonisti” la voce che lo riguarda)  hanno di fatto interrotto l’iniziativa.

      L’assemblea 2011 ha peraltro dato mandato al gruppo di coordinamento di studiare (vedi ancora nella rubrica “raduni”)  un “potenziamento delle attività sociali di incontro tra i soci” anche “con raduni conviviali nelle città” tra l’altro per presentare il sito ristrutturato.




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Serate di presentazione dell'associazione

    Per dare conto dell’esistenza dell’associazione, dei suoi scopi, di quanto s’è fatto e dei programmi futuri, s’è deciso di tenere delle serate di presentazione presso le Sezioni del Club alpino o comunque nelle città  più interessate alla frequentazione del Gran Sasso.

    La prima ‘serata’ s’è svolta ovviamente all’Aquila,  nella sede della Sezione CAI (che è anche la sede ufficiale dell’associazione) nel pomeriggio del 24 gennaio grazie alla cordiale ospitalità assicurata dal presidente Bruno Marconi, anche egli ‘vecchia gloria’ del Gran Sasso, strutturata  su una breve relazione di Mimì Alessandri e sulla proiezione di immagini tratte dai ‘pezzi’ già inseriti nel nostro sito a cura di Roberto Colacchia e Marco Di Gioia, conclusa da un ricco e graditissimo buffet  offerto dalla Sezione ospitante.

    Altre serate sono in programma a Teramo, Ascoli e Roma: per incontrarsi in occasioni diverse dai raduni annuali ma anche e soprattutto nella speranze che ne escano altri ricordi e magari  altri soci con lo stesso piacere  della memoria che ha sorretto sin qui i padri fondatori.

la sala riunioni della Sezione CAI L’Aquila mentre parla Mimì Alessandri

al centro, tra altri partecipanti all’incontro, Roberto Colacchia, Giorgio Forti e Fernando Di Filippo fanno onore all’aperitivo ‘montanaro’


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                                   Gita al Gran Sasso 

      Per  rompere quella che a qualcuno può sembrare  la monotonia dei raduni, il gruppo di gestione decide di programmare una gita collettiva con obiettivo, ovviamente, il Gran Sasso.

      Molti soci sono ancora  in grado di salire (e la maggior parte di loro anche di scendere); dormire al Franchetti può presentare qualche problema per la quota ed il conseguente impegno di coronarie e dintorni, ma in questo caso si può far base ai Prati.

      Parte dunque l’invito..

  Lettera di invito alla Gita al Gran Sasso del 17-18 Settembre 2005

        Le preoccupazioni di sistemazione si rivelano infondate : forse per il pessimo periodo meteorologico, più facilmente perché non ci si vuole sentire  intruppati,  la proposta raccoglie sulle brande del Franchetti solo 8 soci; tre di essi salgono in effetti all’Orientale per il sentiero Ricci al mattino del sabato, prima che il tempo si guasti; gli altri raggiungono il Rifugio solo nel pomeriggio; e tutti lasciano l’ospitalità di Luca Mazzoleni al mattino della domenica raggiungendo la seggiovia e con essa i Prati sotto una pioggia quasi continua.

18 settembre 2005 Vittorio Onofri e il suo amico all’Arapietra

      Il sindaco di Pietracamela Giorgio Forti ci asciuga, poi ci fa visitare l’interessante centro del Parco e il Comune; i migliori piatti abruzzesi del “ristoro” di Intermesoli chiudono degnamente la gita.




Cena sociale 11 dicembre 2013 a Roma

    Mercoledì 11 dicembre 2013 s’è svolta la seconda cena sociale dell’Associazione ‘vecchie glorie del Gran Sasso’ nella sede dell’Associazione avventure del mondo (previa iscrizione ad essa di tutti i partecipanti) a Roma in Lungotevere Testaccio 10.

     Ai più di 50 nostri soci, provenienti anche dall’Aquila, Teramo e Ascoli,   si sono uniti gli oltre 20 componenti del coro ‘Malga Roma’ dell’Associazione Nazionale Alpini  diretto da Antonio Mariani che prima della cena ha cantato con grande bravura e simpatia una diecina di pezzi - da Era una notte che pioveva a Vola vola, da Belle rose du printemps alla Valsugana, da Monte Canino a Va l’Alpin su l’alte cime – sino a coinvolgere gli ascoltatori nella Montanara finale.

     Ottimi i piatti e l’ambiente e come nel 2012 ben riuscita l’iniziativa organizzata da Mariani anche come “incontro di Natale 2013” tra le ‘vecchie glorie’ e il coro secondo il volantino distribuito in apertura di serata e resa possibile dall’ospitalità di Avventure del mondo e del suo capo e nostro neo socio Vittorio Kulczycki.

     Nel corso della cena s’è parlato di una nuova visita al tempo buddista zen di Scaramuccia,  ancora Mariani ha avuto la disponibilità di Gigi Mario ad accoglierci nella prossima primavera e il nuovo direttivo, eletto senza sostanziali variazioni nell’assemblea di settembre e insediato lo stesso 11 dicembre, è impegnato ora a organizzare l’incontro avvertendone tempestivamente soci e  amici.

Cena sociale 11 dicembre 2013 a Roma

    Mercoledì 11 dicembre 2013 s’è svolta la seconda cena sociale dell’Associazione ‘vecchie glorie del Gran Sasso’ nella sede dell’Associazione avventure del mondo (previa iscrizione ad essa di tutti i partecipanti) a Roma in Lungotevere Testaccio 10.

     Ai più di 50 nostri soci, provenienti anche dall’Aquila, Teramo e Ascoli,   si sono uniti gli oltre 20 componenti del coro ‘Malga Roma’ dell’Associazione Nazionale Alpini  diretto da Antonio Mariani che prima della cena ha cantato con grande bravura e simpatia una diecina di pezzi - da Era una notte che pioveva a Vola vola, da Belle rose du printemps alla Valsugana, da Monte Canino a Va l’Alpin su l’alte cime – sino a coinvolgere gli ascoltatori nella Montanara finale.

     Ottimi i piatti e l’ambiente e come nel 2012 ben riuscita l’iniziativa organizzata da Mariani anche come “incontro di Natale 2013” tra le ‘vecchie glorie’ e il coro secondo il volantino distribuito in apertura di serata e resa possibile dall’ospitalità di Avventure del mondo e del suo capo e nostro neo socio Vittorio Kulczycki.

     Nel corso della cena s’è parlato di una nuova visita al tempo buddista zen di Scaramuccia,  ancora Mariani ha avuto la disponibilità di Gigi Mario ad accoglierci nella prossima primavera e il nuovo direttivo, eletto senza sostanziali variazioni nell’assemblea di settembre e insediato lo stesso 11 dicembre, è impegnato ora a organizzare l’incontro avvertendone tempestivamente soci e  amici.

Cena sociale 11 dicembre 2013 a Roma

    Mercoledì 11 dicembre 2013 s’è svolta la seconda cena sociale dell’Associazione ‘vecchie glorie del Gran Sasso’ nella sede dell’Associazione avventure del mondo (previa iscrizione ad essa di tutti i partecipanti) a Roma in Lungotevere Testaccio 10.

     Ai più di 50 nostri soci, provenienti anche dall’Aquila, Teramo e Ascoli,   si sono uniti gli oltre 20 componenti del coro ‘Malga Roma’ dell’Associazione Nazionale Alpini  diretto da Antonio Mariani che prima della cena ha cantato con grande bravura e simpatia una diecina di pezzi - da Era una notte che pioveva a Vola vola, da Belle rose du printemps alla Valsugana, da Monte Canino a Va l’Alpin su l’alte cime – sino a coinvolgere gli ascoltatori nella Montanara finale.

     Ottimi i piatti e l’ambiente e come nel 2012 ben riuscita l’iniziativa organizzata da Mariani anche come “incontro di Natale 2013” tra le ‘vecchie glorie’ e il coro secondo il volantino distribuito in apertura di serata e resa possibile dall’ospitalità di Avventure del mondo e del suo capo e nostro neo socio Vittorio Kulczycki.

     Nel corso della cena s’è parlato di una nuova visita al tempo buddista zen di Scaramuccia,  ancora Mariani ha avuto la disponibilità di Gigi Mario ad accoglierci nella prossima primavera e il nuovo direttivo, eletto senza sostanziali variazioni nell’assemblea di settembre e insediato lo stesso 11 dicembre, è impegnato ora a organizzare l’incontro avvertendone tempestivamente soci e  amici.


  Lettera di invito alla Gita al Gran Sasso del 17-18 Settembre 2005

  

  Lettera di invito alla Gita al Gran Sasso del 17-18 Settembre 2005

  

Associazione Alpinisti del Gran Sasso
C.F.
93036720667 - Sede legale: Sezione CAI L'Aquila Via Sassa, 34 - 67100 L'Aquila - Segreteria: Via U. Tupini 133 - 00144 Roma
e-mail:
info@alpinistidelgransasso.org

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